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Problemi di traduzione: una questione di contesto – Callista

Per questo problema di traduzione il nostro esempio sarà sempre Callista di John Henry Newman, capitolo V:

There was a crowd of trumpeters and horn-blowers; ministers of the sacrifices with their victims, bulls and rams, dressed up with gay wreaths; drivers, butchers, haruspices, heralds;

Uno dei convitati di Giocondo sta descrivendo i Giochi Secolari avvenuti a Roma l’anno precedente. Viene descritta un’immagine grandiosa della festa, e all’improvviso il lettore si ritrova una parola fastidiosa, fuori luogo: drivers. Ad un orecchio moderno la parola c’entra poco con la tarda antichità. Per noi si parla di guidatori, autisti e piloti, che nulla hanno a che fare con il secolo III d.C. Qui il traduttore deve ricorrere a conoscenze altre per poter comprendere. Il contesto antico non è sufficiente: va messo in relazione con il contesto dell’autore.

John Henry Newman è vissuto nel 1800, prima che le auto non solo diventassero di moda, ma fossero anche solo inventate. Questo ovviamente vale anche per l’antichità, ma in quel caso i guidatori potevano essere aurighi delle corse o soldati. Newman però usa qui una parola banale e comune, per comunicare qualcosa di ben preciso ai suoi lettori. Sono quegli stessi guidatori che un uomo della sua epoca poteva incontrare in un giorno qualsiasi per le strade di Londra. Quindi non si parla di aurighi o guerrieri, ma di comunissimi carrettieri e questa è infatti la traduzione migliore.

Certo, siamo costretti a fare a meno della sfumatura quotidiana data da Newman; eppure quello che ci è più necessario, nella nostra traduzione che è sempre un tradimento è tener conto di ogni contesto: quello della storia, quello dell’autore ed il nostro. Il lavoro del traduttore è da sempre un lavoro di approssimazione e il nostro scopo è di riavvicinare il più possibile il lettore all’originale. Ergo una soluzione che tiene conto di tutte le variabili e sceglie quelle più importanti è la migliore.

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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