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Anarchico, alleato mio…

Il commozionato ma sempre elegante intellettuale di sinistra non può guidare l’auto per un mese, a causa dei segni dell’ultima buona battaglia, così per andare a lavoro è costretto a usufruire di un mezzo alternativo: il treno. Dopotutto è contento, visto che si tratta di un mezzo tipicamente proletario, per quanto lo debba condurre a un lavoro irrimediabilmente borghese.

Quando ormai è quasi del tutto guarito, decide di fare un ultimo viaggio sul metallico trasporto, quasi come fosse un addio. Proprio quel giorno però si ritrova il treno bloccato da alcuni manifestanti, degli anarchici di vario tipo che protestano contro il governo fascista e tirannico. Pare infatti ci sia stato da parte della Polizia un qualche sgombero di un qualche edificio nel centro della città, così gli ex occupanti hanno deciso di esprimere il loro dissenso ritardando le già non troppo puntuali corse. Sentendosi abbastanza in forma, e sentendo soprattutto la nostalgia d’una causa per cui lottare, scende dalla banchina e si mette in mezzo a loro, sulle rotaie, gridando i soliti slogan sulla libertà.

Sempre più preso dall’eccitazione, l’intellettuale si strappa via la cravatta e decide di bloccare non un treno soltanto, ma l’intera stazione. Così salta sul binario accanto per fermare il mezzo il cui passaggio era appena stato annunciato dall’usuale disumana voce degli altoparlanti. “A morte i fascisti! ACAB!”, grida mentre il fischio del treno si fa sempre più vicino. D’un tratto un anarchico forse meno anarchico degli altri, vedendolo piazzato lì in mezzo, con un guizzo lo strattona strappandolo alla morte, spedendolo poi a infrangere come birilli la compagine di manifestanti.

Rialzandosi, il nostro constata di non essersi rotto niente, per una volta. Ma non ha fatto i conti coi compagni di protesta, i quali si rialzano e lo circondano, decisi a riversare la rabbia per lo sgombero su di lui. Perché la tua libertà finisce dove comincia la mia. E poi insomma, va bene l’anarchia, ma a tutto c’è un limite!

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Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.

Schegge Riunite