Sì, Vostra Grazia

C'è un mondo sotterraneo di videogiochi indie tutto da scoprire: vediamone insieme qualcuno.

Qualche tempo fa ho scaricato un sacco di videogiochi interessanti, di quelli realizzati da piccole case o autori indipendenti, roba che costa dai 2 ai 5 euro al massimo, ma che cela un tesoro che ne varrebbe molti di più. Sono perlopiù dei punta e clicca, con varie altre dinamiche di mezzo. Io amo i gestionali e i simulatori, e questo tipo di giochi si inserisce in una perfetta nicchia di questi.

Per fare qualche esempio, abbiamo “We, the Revolution”, un gioco in cui siamo un giudice di un tribunale rivoluzionario francese che deve assolvere o condannare gli imputati, tenendo conto non solo delle reali prove a loro carico, ma anche dell’impatto che la sentenza potrebbe avere su tre fazioni: il popolo, i rivoluzionari e gli aristocratici. A volte si dovranno prendere decisioni sofferte, frutto di un inevitabile compromesso politico e/o sociale (come condannare un popolano innocente accusato di aver derubato un aristocratico, per non scontentare la fazione di quest’ultimo e finire noi stessi sul patibolo). Poi abbiamo “Through The Darkest of Times”, in cui dobbiamo mettere su una squadra di anarchici per contrastare il potere nazista appena sorto. Decisamente più elaborato e longevo del precedente, ci vede nei panni di un rivoluzionario che deve far di tutto per opporsi al potere di Hitler, aiutando la gente, raccogliendo fondi, attirando candidati politici e compiendo azioni di disturbo. C’è anche la serie “Beholder”, in cui interpretiamo un membro di un governo in un futuro distopico, che potrà scegliere se fare il gioco dei potenti o ribellarsi a un sistema che vorrebbe controllare ogni aspetto della vita di ognuno. Però, a dire la verità, soltanto il primo dei tre è veramente grazioso; gli altri stravolgono le meccaniche originali e diventano qualcos’altro, qualcosa che sinceramente non ho apprezzato quasi per niente.

Ma quelli che mi hanno colpito maggiormente e che ho giocato e rigiocato sono “Help Will Come Tomorrow” e “Yes, Your Grace”.

Nel primo prendiamo il controllo di quattro superstiti ad un disastro ferroviario nella Russia del 1917. Ci sono diversi personaggi, ma ad ogni giocata dovrà comunque e necessariamente esserci un esponente per ogni fazione (popolo, rivoluzionari eccetera). Accanto alla sopravvivenza pura e semplice (si fa per dire), che prevede la costruzione di un riparo, la ricerca del cibo, il mantenimento del fuoco e via dicendo, c’è anche la questione dei banditi che hanno causato il deragliamento del treno e dai quali dobbiamo nasconderci a tutti i costi, pena la tragica fine del gioco. In più dobbiamo creare un rapporto tra personaggi tanto diversi, dalla dama aristocratica al soldato britannico, dall’anarchico intellettuale all’operaio un po’ cafone. Starà a noi se tentare di trovare un punto d’incontro o se inasprire i pregiudizi di ognuno. Non voglio approfondire più di tanto, per non rovinarvi l’esperienza di gioco, ma trovo che sia uno dei giochi gestionali e survival meglio realizzati; molto meglio di “Dead in Vindland” e “Dead in Bermuda”, che utilizza le stesse meccaniche, ma che io trovo infinitamente più macchinosi e contorti (oltre che assurdamente banali).

Il secondo, “Yes, Your Grace”, è apparentemente più semplice, sia nelle meccaniche sia nella grafica. Utilizza uno stile pixelato per catapultarci nel castello di un Medioevo più o meno verosimile, dove saremo un re intento a tenere le redini di un regno allo sfacelo. C’è una dinamica molto simile ad altri giochi del genere, dove dovremo vagliare saggiamente le richieste della popolazione, un po’ come accade nella serie “Reigns” ma mille volte meglio. Ad ogni modo il gioco, per l’appunto simile ad altri ad una prima occhiata, compie poi una virata importante; ed è questo il punto che me lo ha fatto amare.

Dietro sta infatti una storia coi fiocchi, che coinvolge tutta la famiglia reale, dal re in persona a sua moglie e soprattutto alle figlie. C’è infatti una guerra imminente, per la quale dovremo prepararci adeguatamente stringendo alleanze e muovendoci come sul filo di una lama. Ma a complicare veramente le cose, come se già non lo fossero, c’è il rapporto tra il re e sua figlia maggiore. Ragazza testarda e malinconica, teme che il padre la dia in sposa a qualche altro regnante per ragioni politiche. Noi potremo rassicurarla quanto vogliamo (ed è una nostra scelta, anche questa), ma alla fine saremo per forza costretti ad usarla per avere dalla nostra un’importante alleato. Così alla crisi del regno si aggiunge la crisi famigliare, nella quale ogni decisione ci potrebbe portare sempre più sull’orlo del baratro. Certe scelte, lo capiamo subito, sono senza ritorno e mettono sulle spalle del giocatore un peso che non sembrava possibile all’avvio del titolo.

Non mi vergogno ad ammettere che alla fine della prima run ero con le lacrime agli occhi: un giochino che pareva l’ennesimo indie senza impegno, ha rivelato invece una profondità che non si trova quasi nemmeno in un film. Davvero commovente e studiato nei minimi dettagli. Unica pecca: difficile rigiocarlo, dopo la prima o seconda partita. L’impatto emotivo è veramente troppo forte, qualunque sia il finale verso cui ci dirigiamo, per poterlo riprendere in mano più volte di seguito.

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Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.

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