Ho messo le mani sulla nuova traduzione della saga di Harry Potter. Premetto che non ho mai dato troppa importanza alla resa in lingua italiana dell’opera. Anzi, mi sono sempre ben guardato dall’instaurare paragoni tra l’edizione originale e quella nostrana, ritenendomi abbastanza soddisfatto della resa di nomi e creature. Ora però, con la nuovissima traduzione a cura del Bartezzaghi, mi sento di dover spendere qualche parola a proposito.
Lo sapevano anche i muri, che molti dei nomi originali erano stati modificati per suonare più familiari ai lettori italiani. Ad esempio il professor Dumbledore era diventato Silente, perché un qualunque lettore italiano non poteva sapere che quello fosse un antico termine per “bumblebee” (il bombo, quell’insetto alato che sembra un’ape sovrappeso) e perciò gli avrebbe detto poco o niente; oppure il beneamato Neville Longbottom che avevano trasformato in Neville Paciock; o la professoressa di Divinazione che da Sybill Trelawney era diventata Sibilla Cooman (dunque se in originale il rimando alla profezia era solo nel nome, in italiano si aggiunge anche il cognome). Adesso i traduttori hanno deciso di fare un’inversione di rotta, conservando pochissimi dei nomi originali (italiani) e riportando alla lingua inglese molti altri. Questo, a detta loro, perché nel tradurre i primissimi libri non si aveva bene idea dell’evoluzione dei personaggi e dei risvolti della trama, e dunque certi nomi e cognomi erano stati tradotti in maniera inevitabilmente inadeguata. E hanno clamorosamente sbagliato.
Prendiamo proprio Neville. Leggiamo che “Longbottom” fu tradotto con “Paciock” perché a loro sembrava niente più che un ragazzino imbranato e pasticcione, quando poi in realtà si è rivelato (soprattutto dal quinto libro in poi) tanto eroico quanto Harry, Ron o Hermione. Dunque non potevano più mantenere quel cognome parlante, e hanno voluto ri-ribattezzarlo Longbottom. Peccato che anche questo cognome dica molto del carattere del personaggio, che è indubitabilmente goffo e smemorato. In inglese tutti i nomi che contengono “bottom” (“fondo”, ma anche “fondoschiena”), pur essendo anche molto comuni nella realtà, dovrebbero suscitare una certa ilarità. Il nome doveva essere buffo com’è buffo il personaggio. E lo è senza ombra di dubbio, buffo. È anche un gran pasticcione, dimentica tutto, sbaglia sempre gli incantesimi e si fa bullizzare da insegnanti e compagni di scuola. Non importa che poi abbia la sua rivincita. Anzi, questa ha ancora più valore proprio perché va contro ogni aspettativa. Chi l’avrebbe mai detto che l’incapace Neville Paciock, anzi Longbottom, avrebbe svolto un ruolo determinante nella sconfitta di Voldemort? Questo se lo chiedono anche i traduttori nella prefazione. Per me la scelta di riportare a Longbottom il cognome di Neville non ha alcun significato. Se possibile, anzi, ha solo reso meno comprensibile il percorso del personaggio così come pensato dall’autrice. Paciock, invece, era stata una scelta molto azzeccata, perché ci dice quasi esattamente la stessa cosa che Longbottom dice agli Inglesi: questo è solo un ragazzino disordinato e pasticcione, non potete aspettarvi nulla da lui. Salvo poi essere smentiti sul finire della saga, i personaggi del libro come noi lettori.
Un altro che mi ha lasciato perplesso è il Ministro della Magia, Cornelius Caramell, ora tornato ad essere l’originale Cornelius Fudge. “Fudge” in inglese è un termine polivalente: può essere diverse cose, da un tipo di confetti, a una crema parecchio zuccherina, fino alla truffa. “Fudging”, per dire, significa “truccare, imbrogliare, mistificare, eludere”, quest’ultimo usato specialmente quando si tratta di politica. Ed è proprio ciò che fa il buon ministro, presentandosi all’inizio con modi affabili e persino stucchevolmente dolci, quando in realtà si rivela poi un gran codardo, un opportunista e un falso. La traduttrice all’epoca pensò fosse un buon compromesso chiamarlo Caramell, non potendo trovare un corrispettivo esatto in italiano. E aveva ragione: come per Neville, il nome doveva dirci qualcosa di preciso, qualcosa che andasse a braccetto con le sue azioni, con il suo comportamento. Solo in là nella trama dovevamo essere smentiti, perché le apparenze molto spesso ingannano. A cominciare, se ci pensiamo, da quelle di Harry, un bimbetto gracilino che vive in un sottoscala, che si rivela poi essere uno dei più grandi e potenti maghi della storia. Fudge, così come Longbottom e molti altri, non dicono granché a noi Italiani.
Ma in realtà andrebbe anche bene così, se solo non si accampassero scuse di aderenza al testo originale. Anche perché (e qui casca l’asino) altri nomi non sono stati sfiorati. Silente, ci dicono, rispecchiava e rispecchia ancora il carattere del preside di Hogwarts. Ma seguendo il loro ragionamento, sarebbe stato il primo nome a dover essere cambiato; perché se è vero che i suoi silenzi valgono sempre più di mille parole, è anche vero che Dumbledore nello specifico indica la sua passione per la musica e la sua conseguente abitudine a canticchiare, quasi mormorare tra sé e sé, proprio come se fosse il ronzio di un bombo. Parola di Rowling.
Insomma, mi sembra che laddove modificare (o, meglio, riportare all’originale) un nome avrebbe comportato una polemica troppo pesante (guai a toccare l’iconico Silente!), i traduttori abbiano deciso di glissare. Questo a mio parere indica una cosa ben precisa: a loro non interessava rettificare un bel niente, perché altrimenti l’avrebbero fatto con tutti i nomi. Semplicemente volevano metterci del loro in quanto traduttori e, nel contempo, giustificare una nuova traduzione. Ma allora avrei preferito una rielaborazione dei nomi in italiano, delle nuove scelte, e non un banale ritorno all’inglese. Oppure, ancora meglio, che avessero rivisto la traduzione in generale, conservando nomi che non avevano alcun bisogno di essere rivisti e che erano ormai entrati nelle menti e nei cuori di milioni di lettori.
Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.