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Il re delle truffe

E se vi dicessi che ci fu un uomo che riuscì a vendere… la Torre Eiffel?

Victor Lustig, classe 1890, nasce nella cittadina di Hostinné, oggi facente parte della Repubblica Ceca, ma all’epoca appartenente all’Impero Austro-Ungarico. In realtà non è certo che il cognome sia Lustig, poiché della sua identità si sa molto poco. Raccontava di essere figlio di un borgomastro, ma nei registri della prigione dove finì i suoi giorni, descrive la sua famiglia come povera e contadina (tanto che sarebbe stato costretto a rubare per non morire di fame). Anche il nome con cui era chiamato in prigione, Robert Miller, sembra fosse un nome d’arte. Insomma, la vita di quest’uomo è avvolta nell’ombra. Lo stesso non si può dire delle sue imprese.

Victor era un ragazzo dall’intelligenza prodigiosa. A 19 anni sapeva parlare perfettamente ceco, tedesco, inglese, francese e italiano. Frequentava l’università di Parigi, anche se preferiva passare il suo tempo a giocare a poker, dove dava veramente il meglio di sé. Lasciati gli studi, viaggiò in tutta Europa, commettendo furti e truffe e finendo diverse volte in carcere (anche se per poco). Il nome che lo accompagnò per la vita, Victor Lustig, era quello di uno dei suoi personaggi, un facoltoso conte appassionato di carte da gioco e transatlantici, sui quali spennava i ricchi passeggeri senza che questi se ne accorgessero. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale frenò in parte le sue attività e Victor fu costretto ad emigrare negli Stati Uniti, dove al tempo vigeva il Proibizionismo.

La prima grossa truffa di cui si rese protagonista coinvolse l’acquisto di un ranch espropriato nel Missouri. È il 1922 e Victor offre all’American Savings Bank 22,000 dollari in Liberty bond (delle obbligazioni emesse negli Stati Uniti d’America i cui ricavati sostenevano le spese militari alleate durante la Grande Guerra); chiede anche di cambiargli 10,000 dollari di bond in denaro, per gestire il ranch nell’immediato. Con un colpo di mano, riesce però a scambiare le buste e ad andarsene sia con i bond sia con i soldi. Scoperto il raggiro è inseguito e arrestato, ma fugge dopo aver ottenuto un rinvio a giudizio.

Ma è a Parigi che mise in atto la truffa del secolo, se non del millennio, quando vendette niente popò di meno che la Tour Eiffel. Siamo nel 1925 e Victor è nella capitale francese. La guerra aveva lasciato ferite indelebili su tutta l’Europa, e anche la Francia stentava a riprendersi. Anche la torre, a suo modo, versava in condizioni critiche. Avrebbe dovuto essere smantellata e trasferita più di quindici anni prima, ma la cosa era stata continuamente rinviata, finché l’idea di smontarla pezzo per pezzo riaffiorò più forte di prima tra le autorità. Victor, ovviamente, non si lasciò scappare l’occasione. Con l’aiuto di un complice che gli procura della carta intestata, si finge un funzionario del Ministero delle Poste e dei Telegrafi, affitta una camera d’albergo decisamente lussuosa e scrive a tutti i più importanti commercianti di ferro vecchio del paese, annunciando che la Torre Eiffel dev’essere smantellata e i suoi pezzi venduti al miglior offerente. Chiaramente l’intera operazione deve rimanere segreta, per evitare le proteste dei cittadini (ma in realtà per non finire in gattabuia).

La torre nel 1937.

Il signor André Poisson cade nel tranello e consegna a Victor una borsa con 250,000 franchi (un milione di euro odierni!). Ironicamente, Poisson gli dà anche una generosa mazzetta, per assicurarsi l’esclusiva dell’affare. Quando comprende il raggiro, il ricco commerciante è colto da un tale imbarazzo che decide di non denunciare l’accaduto alla polizia. Cosa che non fa la seconda vittima della truffa, che invece corre subito dalle autorità costringendo Lustig a fuggire negli Stati Uniti.

Altra celebre truffa è quella della “Rumanian Box”, una macchina che avrebbe dovuto moltiplicare il denaro inserito. Il Lustig faceva inserire una banconota da 1,000 dollari alla vittima, per poi restituirne una seconda, uguale e autentica. La “copia” era una vera banconota, poiché la truffa non consisteva in questo: una volta convinta del funzionamento del marchingegno, la vittima l’avrebbe acquistato ad un prezzo esorbitante, e a quel punto Victor avrebbe fatto perdere le sue tracce.

Neanche Al Capone fu risparmiato dalle trame del Lustig, che lo convinse a prestargli 50,000 dollari con la promessa di farli fruttare entro sessanta giorni. Passato il tempo stabilito, il truffatore tornò dal mafioso, riportando tutto il denaro e dicendo che l’affare era semplicemente sfumato. Colpito dalla sua onestà, Capone gli diede una mancia di 1,000 dollari, che era proprio ciò che Victor voleva veramente.

Victor Lustig

Negli anni Trenta il Lustig si associò al falsario William Watts, col quale produsse una infinita serie di banconote di ottima fattura. A questo punto si mise sulle sue tracce Peter Rubano, agente dei servizi segreti, in quella che divenne presto una caccia all’uomo mondiale. Finalmente nel 1935, Rubano arrestò Lustig per le strade di New York. Il re delle truffe tentò un’ultima disperata fuga mentre si trovava nel centro di detenzione di Manhattan, calandosi dalla finestra con una corda di lenzuola arrotolate e fingendosi un lavavetri per non destare sospetti nei passanti. Qualche mese dopo venne però riacciuffato, e questa volta per sempre: Victor Lustig fu condannato a 20 anni totali di carcere, da scontare ad Alcatraz. Passò lì il resto della sua vita, morendo nel 1947 per le complicazioni di una polmonite.

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Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.

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