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Una guerra tra asini

Giovanni, a quanto pare genio (e amante di centopiedi) incompreso, nella sua contestazione al mio articolo avrebbe detto altro da ciò che io ho inteso poi nel difendermi. Così ha voluto lanciarsi in un’altra polemica, ma come si suol dire “la pezza è peggio del buco”.

In tre punti Giovanni vorrebbe meglio definire la sua contestazione, perciò userò lo stesso schema nel ribadire che tra i due l’asino non sono certo io (questo assumendo che il quadrupede sia dotato di poca intelligenza, il che in natura è l’esatto opposto).

1- Ero convinto di stare parlando italiano, quando ho descritto il cittadino medio, colui che s’immagina la campagna come un paradiso terrestre, privo di ostacoli e inconvenienti. Il mio interlocutore si è invece messo a elencare una serie di figure che di esso hanno ben poco: naturalisti, escursionisti, sportivi, esploratori, fotografi naturali… tutta gente che la natura, come dice lui stesso, la conosce bene. Cosa c’entra chi ha perfetta cognizione di cosa e dove sia un centopiedi con chi non sa neanche della sua esistenza? La mia critica, e pensavo fosse lampante, è rivolta a chi va in un bosco convinto che l’imprevisto più grosso che possa capitargli sia di trovarsi Bambi con gli occhi languidi dinnanzi; non certo a studiosi ed esperti, o anche solo a quelli che da amatori sanno però benissimo cavarsela in ogni ambiente ostile.

2- Per quanto riguarda il secondo punto, si tratta di una serie di attribuzioni che Giovanni mi fa, ma senza alcuna ragion veduta. Sono tutte estrapolazioni impossibili da ravvisare nei miei testi. Afferma che io ritenga il cittadino medio un imbecille, mentre io penso semplicemente che abbia un’idea sbagliata di natura; che questo lo renda un imbecille, non lo credo e non l’ho detto. Credo e dico, anzi, che il cittadino medio sia vittima di una visione fallace di natura e campagna, perciò semmai dovrei parteggiare per lui più che irriderlo. Dice poi: “Chissà quanti omicidi sono stati commessi sui prati verdi, ci fa notare lui, perché noi non ci avevamo pensato”, ma io questo non l’ho mai detto. Visto che tira mano al discorso, io credo che gli omicidi vengano commessi in città come in campagna; al massimo un assassino può decidere di ammazzare uno in città e poi disfarsi del cadavere in un qualche torrente o sotterrandolo in un prato. Ma non è comunque questo il punto, visto che non ho fatto menzione di tutto ciò.

3- Con il terzo e ultimo punto il mio amico supera sé stesso, dicendo che a me non importa della fantasia, ma solo di “far vedere che” io non ho “paura delle formiche al pic-nic“; il che è abbastanza stupido, non tanto perché io effettivamente non abbia paura delle formiche (semmai mi scocciano alquanto), quanto perché non mi è passato nemmeno per l’anticamera del cervello di farlo presente. Fin dall’inizio mi sono detto un uomo di città, e non nascondo il fatto di non sopportare poi molto le avversità della vita di campagna. Ci sono abituato, ma se posso le rifuggo; sarebbe dunque sciocco battermi il petto come Tarzan, visto che non mi arrampicherei nemmeno su un albero. In quanto alla fantasia, non era una mia preoccupazione mentre scrivevo. Ma di sicuro Giovanni ne ha molta, moltissima, visto che è riuscito a tirar fuori questo coacervo di sciocchezze dalle mie parole.

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Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.

Schegge Riunite