Viviamo in un’epoca in cui l’appiattimento personale dovuto all’omologazione è fortissimo e, qualunque cosa se ne dica, la religione è sicuramente una delle vie di salvezza e di fuga da ciò. Tuttavia, se l’appiattimento del mondo è spersonalizzante verso il basso, a volte la religione può appiattirci verso l’alto, verso un modello spesso irraggiungibile e lontano da ciò che siamo. Chi si è sentito rinfacciare, più o meno esplicitamente, di non essere abbastanza felice, sorridente, serio, socievole, ottimista, impegnato, mistico o qualsiasi altra cosa fosse il modello a cui tendere, saprà di che si parla.
Si tratta di una sorta di tentativo di trasformare la Chiesa in un ambiente tiepido e comodo in cui muoversi, perfino quando si incita all’essere mistici; ma non tutti lo siamo nati, questo è chiaro, ed è altrettanto chiaro che non tutti possiamo diventarlo. Questo è un ostacolo al nostro essere Cristiani? Lo sarebbe se non fosse avvenuta l’incarnazione che però, a quanto pare, riveste nel Cristianesimo un ruolo di una certa importanza. Se il divino non si fosse calato nell’umano, tutto sarebbe un ostacolo, una catena da cui liberarsi e dunque la regola, la Legge degli ebrei, sarebbe l’unica via; le nostre attitudini, i nostri desideri, la nostra personalità, la nostra storia sarebbero delle prove da superare degli ostacoli da abbattere con la forza della nostra fede d’acciaio. Ma se per raggiungere il Cielo dobbiamo rinunciare alla nostra identità, se dobbiamo essere luci che si fondono in un unica luce, che senso ha avuto tutto questo? Forse non siamo stati amati unicamente come esseri irripetibili? Forse, e quante volte ce lo siamo ripetuto, tutto quello che ci è stato dato non è un dono? Diciamo dono e non prestito o comodato d’uso perché, per quanto possa esserci tolto, ci è stato promesso come nostro e solo gli dei deboli e malvagi non mantengono le loro promesse. Dunque perché rinunciare a ciò che siamo? Perché non considerare anche questo una via al Cielo? Non da mistici nasoallaria che vedono solo le luci grandi e gli immensi sacrifici ma da uomini che devono affrontare le loro piccole mediocri fatiche e godere le loro piccole mediocri gioie. In fondo il popolo dei Cristiani sarà sempre un popolo di martiri quotidiani che soffrono la croce di Cristo nella fatica di preparare un esame o nel peso della tesi, così come nel pulire casa, litigare con i parenti e spezzarsi sull’altare ordinario dei propri affetti comuni perché fuori dal comune.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.