Ormazd: Sono molti anni che lottiamo senza tregua ed il mondo non è poi tanto cambiato; vecchio nemico, ora deponi un attimo le armi e parliamo. Il mondo non scappa e potremo riprendere con molta tranquillità la nostra lotta fra qualche minuto, tanto sappiamo che la sua conclusione è ancora lontana.
Ariman: Per una volta sono d’accordo con te. Se riposiamo un attimo il braccio non potremo che riprendere con maggior vigore una volta finito. D’altra parte, sarà un’occasione per conoscerci e i saggi dicono che occorre conoscere il proprio nemico; io di mio ho molte domande da farti.
O: Sono pronto a rispondere. Ma dimmi, perché tanto desideri abbattermi e trionfare? Ti è caro il dominio sul mondo?
A: A dire il vero non poi più di tanto. Non amo il mondo e distruggerlo mi pare il modo migliore di fare un torto a te e farti torto è il mio scopo. Non mi interessa nulla di tutto quello che ci è inferiore; solo te voglio sconfiggere e questo è il mio scopo e se qualche essere minore sarà travolto nella lotta poco mi importa.
O: Perché tanto mi odi?
A: Per la tua luce.
O: Ti ferisce forse gli occhi? Posso smorzarla finché non ti sarai abituato ad essa.
A: No, la tua luce non mi infastidisce di per sé. Non è così fastidiosa, anzi, devo dire che mi piace; ma pure tu, che affermi di essere tutto luce, non hai la perfezione che pretendi, non sei così bianco e immacolato.
O: Che dici?
A: Dietro il velo della tua integrità si nasconde un orrore peggiore del mio.
O: Ti sbagli. Io sono coerente e non faccio errori; il male è lontano da me.
A: Tenere lontano il male, è il tuo male.
O: Che fai, giochi con le parole? Hanno un bel suono, ma quanto al senso, poco.
A: E invece sono più vere della verità che tu proclami. Tu proponi agli uomini un ideale grandioso, un bene infinito, una luce senza fine in cui la loro gioia sia piena, ma poi li abbandoni nel momento in cui devono realizzare il bene stesso che hai proposto. La tua perfezione non si sporca avvicinandosi a chi, con un semplice aiuto, potrebbe contribuire alla tua causa, essere luce nella tua. Fai quel che dici e dici quel che fai e questo è il tuo vanto; difendi dozzine di cause che illustrano la giustizia con gli argomenti della morale e della ragione; poi però, quando è il momento di realizzare quello che hai proposto non indichi una strada, che sia più o meno agevole per farlo. Le tue mani sono quelle di un accusatore, la tua bocca pronuncia sentenze, anche se non condanne esplicite, ma in nulla produce un avanzamento del bene, se non è il mondo a correre da te.
O: Tu menti, e lo sai bene. Se qualcuno erra, non dovrei forse dirgli che lo fa? Dovrei lasciare che perduri nell’errore? Se un uomo non accende la sua luce, o non la pone al centro della sua stanza di modo che illumini ogni cosa, se un uomo non se ne prende cura, questo è un errore manifesto; ed ecco occorre che io lo ammonisca di modo che si corregga.
A: Quanti che sono stati ammoniti si sono corretti? Quanti sferzati dai tuoi avvertimenti si sono rivolti alla luce? Non più di pochi fortunati che lo fecero non tanto perché ammoniti…
O: Perché allora? Forse che un marinaio che non vede il faro nella notte di tempesta può arrivare alla riva sano e salvo?
A: Se gli uomini tutti conoscessero i segreti di questa navigazione, allora non servirebbe che un faro e soltanto nelle notti tumultuose, ma essi non sono dei sapienti come tu li credi, se non per pochi rari individui ed ognuno è alla guida della sua barchetta soltanto. Il faro di Alessandria non è per loro che una luce lontana di cui non sanno comprendere il senso. Mi dirai che è perché non si sono impegnati nello studio della vita e di ciò che tu hai dato loro, ma non è possibile a tutti gli uomini farlo, in primo luogo perché le loro attitudini differiscono e non tutti possono dedicarsi alla sapienza per il loro intelletto o il loro cuore; in secondo devi ben notare che essi debbono pur conquistarsi da vivere e che molto del loro tempo è teso a questo e non può essere altrimenti. A loro occorre qualcosa di più di una luce per orientarsi, che sia quella di un faro o delle stelle; occorrono guide, capitani, gente che sappia come si viaggia, come si governa una barca.
O: Per questo ho dato loro i sacerdoti e i sapienti.
A: Non sono sufficienti; altrimenti perché tanti corrono a me, quasi cercando rifugio? Guarda quanto sono poveri e sperduti; i sapienti che tu fornisci per lo più non sono meno freddi di una luce lontana, non di rado poi si lasciano facilmente traviare, eludono i precetti della luce e non sono meno ignoranti.
O: Non mi faccio nulla di un popolo insipiente; a cosa mi serve qualcuno che pure fosse dalla mia parte, ma non sapesse difendere la mia dottrina? Hai ragione, preferisco che siano annientati gli imperfetti e che tutti i perfetti restino; d’altra parte non richiedo molto ed è facile seguirmi, quindi perché doversi chinare a raccogliere chi rimane indietro? Sarebbe un’inutile perdita di tempo, mentre tu allunghi le tue grinfie sull’universo, tu li corrompi, tu li porti nella tenebra e li divori. Io fermerò la tua avanzata con la mia perfezione e in nessun altro modo, perché non c’è un altro modo, perché la luce è l’unico modo. Nel momento in cui il mio trionfo sarà totale io splenderò ed i miei nemici saranno annientati. Rassegnati Ariman, la tua sconfitta verrà, anche se sarò da solo.
A: Non sto giocando a calcolare chi di noi ha più adepti per la battaglia finale. Pensavo solo che tenessi agli uomini.
O: Ci tengo, finché loro mostrano di tenere a me. Di fronte al loro rifiuto è più importante salvare la luce, fosse anche strappandola dai loro petti.
A: Davvero questo è il bene che tu porti?
O: Chi non è con me è contro di me.
A: Ma sei davvero certo che tutti questi che abbandoni e rifiuti siano contro di te?
O: Se mi si oppongono, lo sono, non è una semplice logica?
A: Dunque la logica è l’ultima parola.
O: Non vedo perché non dovrebbe. È chiara, semplice, luminosa e giusta. Possiede delle regole semplici e note a tutti.
A: Ma dimmi, se un uomo desidera una cosa sbagliata, cosa può la logica?
O: La logica gli insegna che la mia legge è giusta e che quel che desidera è errato. Serve altro?
A: Perché allora anche i più logici falliscono? Perché i più sani e i migliori non scelgono secondo queste regole semplici?
O: Perché sono malvagi e la tenebra li avvolge.
A: Vuoi dire che essi sono il male?
O: Sì.
A: Quanto me?
O: Quasi quanto te. Non mi fraintendere, sono pronto a perdonare e tollerare le piccole colpe, ma le grandi, troppo grandi, mai. Sarebbe anche un cattivo segnale per gli altri che si sentirebbero autorizzati a fare ciò che gli pare.
A: Dunque la luce è solo per i perfetti.
O: Sono molti più di quanti tu creda, cieco avversario. Ora basta, ci siamo riposati abbastanza, in guardia, che la lotta deve continuare.
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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.