Risulta sempre molto difficile descrivere e definire qualcosa di nuovo; ancora di più quando questo nuovo è allo stesso tempo vecchio. L’idea di Fantasy Spaziale (genere ben distinto e allo stesso tempo ben mescolato con la fantascienza) è vecchia; si può far risalire fino alla saga marziana di Burroughs o A voyage to Arcturus di Lindsay. Come sempre accade però, man mano che un genere si popola dà la possibilità agli autori di scrivere libri sempre più complessi e variegati e qui l’attività del recensore si complica.
Questa manfrina solo per dire che, se vale la pena di fare una cosa, vale la pena di farla male e dunque questa piccola summa è estremamente imperfetta. Bando alle ciancie dunque: The Tyrant’s Apprentice è un fantasy spaziale con elementi fantascientifici che si concentra sulla storia di Julie, una ragazza dotata di poteri psionici e in addestramento (o tortura?) da parte di un misterioso e severo maestro che non mostra mai il suo volto.
Le influenze sono evidenti, da Star Wars a WarHammer40K, ma sono rielaborate in modo originale e nuovo. Il sistema di magia è costruito in modo sensato e soprattutto non descritto a fondo in quel modo che trasforma tanti fantasy in dei manuali di istruzioni per cose inesistenti. I misteri sono svelati a poco a poco e coerenti, molto lontani dalla mystery box a cui ci ha abituato certo cinema. I personaggi sono pochi ma ben delineati e approfonditi.
Il punto però di massima forza di questo romanzo è il ritmo narrativo. Tutto nella sua trama è in perfetto equilibrio: introduzione di misteri, azione, agnizione; momenti più lenti e descrittivi si alternano a combattimenti e fughe, dando il tempo di metabolizzare gli uni e gli altri in modo perfetto. Chi vuole imparare a scrivere avventure può tirar fuori il taccuino e prendere appunti, difficilmente troverà qualcosa di meglio in questo ambito. Va anche lodata la grande abilità nel descrivere battaglie mentali, che risultano sempre avvincenti, pur essendo tra le cose più difficili da scrivere.
Insomma, Eric Fieldstone ha fatto un buon lavoro ed è davvero una boccata d’aria fresca il poter scoprire che da qualche parte, in questo momento di grave aridità creativa generalizzata, qualcuno sa ancora scrivere delle storie; ed è sempre da premiare l’atto gratuito della creazione, quando questa è buona.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.