Ho avuto più volte discussioni con amici e conoscenti a riguardo della fantasia e mi sono dovuto scontrare molte volte con un’idea che mi ha lasciato sorpreso ed un poco più triste. La concezione che mi infastidisce è quella della fantasia come evasione, luogo di fuga necessario quando le cose vanno male o si tende, a causa di un periodo difficile, a rinchiudersi in sé stessi, una sorta di sostituto della realtà quando essa è troppo dura per essere affrontata direttamente, o ancora per rendere più interessante una vita monotona e priva di gusto. Può darsi che questa sia una delle funzioni di questa facoltà, ma a mio parere non è di certo la principale e d’altra parte si presenta sempre come un’arma a doppio taglio. La religione delle illusioni funziona solo se le illusioni sono fortemente controllate, altrimenti le persone dotate di una buona immaginazione non fanno che usarla inconsciamente per ingigantire i propri problemi. In un’epoca culturale come la nostra in cui la fantasia è alquanto bistrattata e l’autodisciplina disprezzata questo rischio diventa davvero probabile e molto pericoloso.
In ogni caso mi pare molto riduttivo far dell’immaginazione solo questo, soprattutto quando ne abbiamo la potenza infinita sempre sotto gli occhi. Da che cosa sono venute fuori le pubblicità che costellano le nostre città e tramite cosa possiamo comprenderle quando non sono immediatamente intellegibili? Da cosa nascono le canzoni che ascoltiamo? Da cosa i film e le serie che guardiamo? Da cosa i libri che leggiamo? Quante volte non vediamo “tratto da una storia vera” come appendice ad un racconto? E quante volte ci colpisce un racconto che non è “vero”, quasi fosse più nostro, più profondo più reale della realtà stessa anche se non si presenta come verosimile?
Tutto questo non deriva da un’unione di facoltà generiche dell’intelletto, ma dalla sola fantasia, perché è questo in realtà il suo potere più grande: evidenziare, catturare, creare un ambiente che metta in risalto la Verità più di questo mondo caduto
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.