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Radici profonde non gelano… (#2)

 

L’unica cosa innegabile di ogni uomo dopo Adamo è che è figlio, ed un piccolo pezzetto  di pelle e carne annodata nel ventre lo ricorda a tutti noi. L’essere figli porta con sé un buon numero di conseguenze, alcune piacevoli altre meno e fra queste il fatto che si viene educati, più o meno bene, o che più semplicemente si viene necessariamente a contatto,in un periodo in cui si è molto recettivi, con delle persone con cui si instaura un legame molto particolare. Questo legame poi si potrà rifiutare o disconoscere, potrà essere usato contrastivamente, ma esso costituisce la prima radice cui facciamo riferimento; la prima radice è il seme. Che lo vogliamo o no questa esperienza primaria ci condiziona e resta e questo vale anche per l’ambiente in cui la famiglia in cui siamo cresciuti ci ha circoscritto; la seconda radice è  la casa. Potrà sembrare sciocco, ma appartenere significa amare delle persone e un luogo prima di tutto e la prima patria è la terra dei parentes, anche se si tratta di un buco scalcagnato in una periferia malridotta. I luoghi e le persone della nostra infanzia restano sempre come una sorta di mitologia, accessibile e propria fino ad essere privata, ma allo stesso tempo, per quanto soggettiva, dotata di una sua oggettività. Questa è la nostra prima vera appartenenza, la nostra prima identità, la prima cosa che ci lega: l’avere una storia viva, intrecciata con luoghi veri e persone reali, dotata dei suoi picchi e dei suoi bassi, ma condivisa o per lo meno condivisibile da coloro che ci stanno attorno.

Potrà sembrare strano, ma le esperienze personali dell’infanzia, tutte diverse perché particolari, non mi hanno mai separato da nessuno, per quanto potessero essere banali, e legate alla mia storia soltanto, perché instaurano un legame fra uomini. La prima patria è, in un certo senso, l’umanità intera, declinata nello specifico di molti piccoli luoghi e storie diverse, ma tuttavia sempre la stessa; l’umanità non come comunità di uomini, ma come caratteristica comune con gli altri uomini, allo stesso tempo estremamente specifica e particolare eppure totalmente generale, perché attraverso le piccole esperienze personali emerge quella che è una caratteristica di tutti. Possiamo commuoverci di fronte ai poeti che raccontano la loro infanzia per quanto ci siano lontani come cultura e tempo e questo solo perché per quanto la nostra vita sia differente, esprime le stesse esigenze, gli stessi desideri e di fondo gli stessi interessi.

Perché allora si creano divisioni? (continua…)

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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