Stato delle Scienze mediche nella prima età moderna
L’inizio dell’età moderna fu un periodo complesso e combattuto fra diverse tendenze, una più conservatrice di matrice umanista e una seconda più innovatrice. Questo conflitto, prolungatosi fino al XVII secolo come ci dimostra il caso di Galileo, ebbe un impatto notevole su tutte le scienze, rallentandone e accelerandone lo sviluppo a seconda dei casi. Questo ovviamente vale anche per la medicina che già aveva subito una sorte molto particolare nel Medioevo.
Una vulgata molto diffusa è che nel medioevo le scienze sarebbero state portate avanti dal mondo arabo o per lo meno musulmano, mentre l’Occidente finiva col perdersi in più o meno sterili diatribe teologiche. Questa narrazione si lega in parte alla leyenda negra che circonda questo periodo storico, soprattutto nel suo esaltare l’Oriente che non era immune dagli stessi problemi, ma ha anche degli elementi a suo favore. Il primo interesse medievale era certamente metafisico e si era prolungata la netta divisione fra Scienze Empiriche e Arti Liberali, con un netto prevalere delle seconde.
In particolare la Medicina era stata un prolungamento delle conoscenze ippocratiche e galeniche, il tutto favorito anche da una mancanza di studio dell’anatomia e dall’assegnazione delle pratiche mediche più umili e basse ai barbieri. Già nel 1200 però si erano iniziate a distinguere alcune personalità che davano un grande valore all’esperienza nella chirurgia, come Guglielmo da Saliceto. Allo stesso tempo bisogna dire che i più innovatori spesso si rifacevano alla medicina araba che mescolava elementi di tradizione greca a elementi magici o di superstizione di vario tipo, in modo non dissimile da quello che fa ora la medicina tradizionale cinese. L’unica farmacologia sviluppata era quella erboristica con tutti i problemi e l’aleatorietà che questa disciplina possiede tutt’ora.
Un salto notevole fu permesso dai due eventi che rivoluzionarono il XV secolo, ovvero l’invenzione della stampa a caratteri mobili e la scoperta dell’America. La prima, come è noto, permise la diffusione della conoscenza in modo molto più ampio e capillare, rendendo di più facile reperibilità le fonti dirette e, tra le altre, di fonti greche ed arabe. Gli Umanisti, vuoi per amore della tradizione classica, vuoi per la poca scientificità di tutte le altre, si affezionarono particolarmente alle fonti greche, allontanandosi dalla pratica e rimanendo sempre più relegati in teorie millenarie accettate più per la loro autorità che per la loro efficacia.
La scoperta dell’America, da parte sua, fu uno shock culturale di non indifferente portata. La scoperta di un nuovo mondo costrinse a mettere in discussione la propria visione della realtà; a ciò si aggiungevano mille e mille novità da indagare e la necessità di adeguare gli strumenti di indagine a qualcosa per cui non erano stati fatti. Per quanto riguarda la medicina poi, il Vecchio Mondo, già messo alle strette dalle ricorrenti pestilenze dal 1300 in poi, si trovò ad affrontare nuove malattie fino ad allora totalmente sconosciute. Fra queste la Sifilide, cui il nostro Fracastoro dedicherà non solo ampi studi, ma anche un poema epico, che purtroppo non ebbe gran seguito, probabilmente perché scritto in latino.
Girolamo Fracastoro
In questo panorama, sotto la pressante necessità di innovare e trovare soluzioni mai indagate prima, le figure che si distinsero nella scienza medica non sono rare, ma fra tutte si distingue, per intelligenza, metodo e scoperte, Girolamo Fracastoro. Nato nella seconda metà del XVI secolo (la data è soggetta a discussioni in cui non ci inoltreremo qui), formato nell’Università di Padova dove fu allievo di Pomponazzi e Girolamo della Torre, si dedicò a diverse arti come era tipico della sua epoca. Non diversamente da altri suoi contemporanei riconobbe la fondamentale importanza della matematica nella Scienza e si dedicò allo studio della Logica, dell’Astronomia e della Medicina, arrivando anche ad essere archiatra (ovvero medico personale) di Papa Paolo III.
De contagionibus et contagiosis morbis
La lista dei suoi successi personali è però molto meno interessante rispetto a quello che fu il suo contributo alla Scienza Medica. Rifiutando parte delle teorie di Ippocrate e Galeno, Fracastoro si interessò al metodo con cui le malattie si propagano nel suo De contagionibus et contagiosis morbis. Per quanto assurdo possa sembrare, fino a quel momento la causa delle malattie era per lo più imputata a squilibri fra gli umori del corpo o all’introduzione dall’esterno di miasmi che contaminavano il corpo. Le modalità del contagio non erano state indagate in modo preciso, né c’era modo di farlo seguendo la rigida struttura ippocratica della medicina fino a quel momento. Fracastoro afferma invece che devono esistere dei seminaria morbi che, una volta entrati nell’organismo, producono la malattia, si moltiplicano e la propagano poi in vari modi a seconda della malattia:
Il contagio è un’infezione specifica che passa da un soggetto all’altro […]
I principi del contagio differiscono tra loro per modo di trasmissione. Questa è triplice; infatti gli uni non si propagano che per contatto, gli altri per contatto e per focolaio, gli altri infine per contatto, per focolaio e a distanza.
Per focolaio si intendono tutte quelle superfici e oggetti che possono mantenere il germe del morbo pur non essendo toccate dalla malattia, come questo periodo ci sta insegnando questo periodo infelice.
Il principio del contagio per contatto risiede nelle particelle invisibili che si evaporano dai corpi e diventano i semi della malattia. Questi semi possono conservarsi due o tre anni in un focolaio di contagio.
E ancora:
Sono questi semi che spiegano la specificità ed il carattere contagioso di molte malattie, così che il vaiolo, il morbillo, la migliare, la peste e la febbre lenticolare hanno le loro sementi speciali, come la rabbia, l’oftalmia, la sifilide e la tisi polmonare.
Più oltre il Fracastoro fa riferimento all’infezione come ad una putrefazione simile a quella dell’aceto, intuizione che non potrà essere verificata fino alla scoperta della microbiologia. Ancora si dedica all’importante distinzione fra contagio e avvelenamento, per noi forse ovvia, ma per nulla scontata in una scienza che si basava sulla dottrina degli umori. L’avvelenamento non è mai contagioso e non ha la proprietà di sviluppare nuovi germi per potersi poi diffondere ulteriormente.
La cosa più sorprendente forse è però la domanda che si pone, basandosi sull’analogia con i veleni, se ci si possa rendere immuni alle malattie “per consuetudine” ovvero venendoci esposti. Anche questo è un concetto a noi perfettamente familiare e accettato anche dai più feroci antivaccinisti, che però all’epoca non era minimamente considerato.
La Sifilide, o il morbo gallico
Non contento di aver scritto diversi trattati di materia medica, Girolamo Fracastoro si provò anche come poeta con buoni risultati. Oltre all’Homocentricum di argomento astronomico e al Joseph di argomento religioso, scrisse anche il Syphilis sive de morbo gallico, il suo capolavoro. Di ispirazione classica, questo poema in lingua latina in tre libri vede la luce delle stampe nel 1530. La genesi della malattia viene descritta da subito come frutto di germi, ma non ne manca una motivazione mitica di ispirazione classica: la malattia è la punizione dello sterminio degli uccelli del Sole avvenuto nel nuovo mondo ad opera degli europei. A questo però si affiancano numerosi rimandi biblici, creando una percezione non troppo dissimile da quella di molti racconti pagani rinarrati da scrittori cristiani. Il protagonista del poema resta la malattia, descritta con dovizia di particolari rara nella poesia. Il Fracastoro poi si dilunga sulla scoperta del Nuovo Mondo, sulle avventure di Cristoforo Colombo e si conclude con la sventura di Syphilo, da cui prendono il nome il poema e la malattia.
Quest’opera costituisce quello che fu probabilmente il più alto e perfetto tentativo di conciliare la tradizione classica con l’argomento scientifico ed il sostrato cristiano della cultura occidentale, e forse una delle poche che ha davvero tentato questa mirabile impresa, cosa che da sola vale già la pena della lettura.
Bibliografia
Massalongo, Roberto, Girolamo Fracastoro e la rinascenza della medicina in Italia, Premiate Officine Grafiche, Venezia, 1915
Rossi, Giuseppe, Girolamo Fracastoro in relazione all’Aristotelismo e alle scienze nel Rinascimento, Libreria E. Sperei Editrice, Pisa, 1893
Conati, Giambattista, Elogio di Girolamo Fracastoro Veronese, Tipografia Morono, Verona, 1811
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.