In molti anni di pratica di arti marziali si finisce coll’imparare cosa distingue un sistema di combattimento militare, un sistema di autodifesa, uno sport e una vera e propria arte. Nel moderno occidente insegnare a battersi con lo scopo di scendere in guerra è appannaggio di pochi e l’uso delle armi moderne ne ha cambiato completamente la forma e l’attitudine, ma le altre forme si trovano ovunque, più o meno edulcorate.
Ciò che fra le altre distingue l’arte è il fatto di non avere un’applicazione pratica precisa. Chi frequenta un corso di Karate o Wing Chun non ha come primo scopo né quello di vincere le gare, né di imparare tutti i segreti per non essere malmenato non appena imbocca una strada sbagliata. Il suo scopo è semplicemente formativo nella maniera più generale possibile.
La cosa interessante è che una mentalità del genere si trova già tranquillamente nel XVII secolo, come si può leggere nel secondo capitolo del manuale di spadone di Francesco Alfieri
In quest’arte si considera la Teorica e la Pratica; la Teorica è il modo come noi dobbiamo operare con l’armi in mano contra il nimico e come si deve caminar co’ piedi, e portare le braccia, e ancora sapere tirare i colpi che impariamo in varie e diverse maniere, che servono per offendere e per difendere, si com’è il dare de’dritti e di roversi tondi, e fendenti, montanti, stramazzoni, sgualembri, far sbaragli e ruote, molinelli, cambiamenti di corpo, e tirare punte e tagli in varie e diverse guise, e come portare, slanciare, girare da una parte e l’altra stando, andando avanti e ritirandosi, in molti modi che l’arte in segna, e con questo esercitio e studio si accresce l’ardie per difendersi dai popoli pieni di sangue, hogiosi, pronti a far l’ingiurie; e chi ben sa valersi di quest’artifitios’arma dello Spadone, può andare contra ogni arma nemica per esser esso assai avantaggioso, e in ogni luogo l’huomo si può difendere così in strada larga e stretta, come nelle piazze e in campagna, che si fosse assalito da nimici e davante e di dietro. Questo nobile esercitio è molto frequentato nella mia Scuola da Signori Italiani, Polachi, Francesi, e Alemanni e da altri ragguardeboli soggetti di diverse Nationi e ciò lo fanno per acquistare prestezza e fortificarsi con il corpo, e far l’agilità, e svegliare l’ingegno addormentato per natura; Però ogni studioso armigero nelle occorenze si può valere dell’eccellenza dell’arte per difesa della vita e dell’honore, come mostriamo con i discorsi e con le figure che chiaramente insegnano.
Oltre all’interessante riferimento all’internazionalità degli allievi, va notato che il primo scopo è quello di acquisire prontezza, forza e agilità, oltre a “svegliare l’ingegno”. La dichiarazione di questi scopi corrisponde bene o male ad una lezione introduttiva di una qualsiasi arte marziale che viene insegnata oggigiorno.
In questo periodo ormai la scherma non è più considerata come un’arte utile sul campo di battaglia, e infatti l’Alfieri ne descrive l’utilizzo in piazze affollate, strade strette o larghe o in piena campagna, ponendo l’accento sull’eventualità di essere attaccati e spesso non ad armi pari. Lo schermidore non è più un soldato, non viene più addestrato ad usare armi in asta e non ha alcun interesse a imparare a stare in formazione o a dover affrontare una situazione da campo di battaglia. In questo caso non è neanche un duellante (come invece vale per altri manuali di questo periodo), ma un semplice cittadino che tiene alla sua forma fisica e ad una sua eventuale capacità di difendersi. D’altra parte già solo il fatto di portare un’arma di tali proporzioni dovrebbe scoraggiare chiunque dall’attaccar briga.
La cosa più interessante di questo testo però è il pubblico a cui si rivolge. Il tono dell’opera, così come la cura della realizzazione, tradisce una mano non particolarmente avvezza allo scrivere e allo stesso tempo più intenzionata a fornire una sorta di supporto alle lezioni dal vivo che a creare un vero e proprio trattato. Si tratta di una cerchia ristretta, ma non definita semplicemente ad un livello di classe sociale. L’Alfieri ripete più volte di aver ammaestrato cavalieri anche stranieri, ma non si mette mai a fare il loro nome. Non cerca un protettore, come chi si rivolge alla nobiltà, ma dei clienti interessati alle sue lezioni, come un libero professionista qualsiasi. Certo, fra questi clienti ci saranno anche dei cavalieri, ma il manuale e il tipo di insegnamento è rivolto a chiunque abbia di che pagare, ovvero ad una selezione di persone basata sul censo più che sulla classe sociale. L’interesse è maggiormente rivolto alla difesa dei civili piuttosto che a qualsiasi altro ambito di applicazione, ed è principalmente una difesa solitaria, un po’ come nella nostra moderna autodifesa.
La cosa più interessante da rilevare in tutto questo è come l’arte marziale si definisca principalmente in base ai propri scopi (cosa insegnare e a chi) piuttosto che al periodo storico o alla situazione. Per quanto il contesto possa far scegliere un tipo di arma rispetto ad un’altra, o una tecnica rispetto ad altre, è il fine a determinarla in ultimo, come probabilmente vale per ogni altra cosa
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.