Mi è stato chiesto, dopo aver parlato del fatto che la Umma non sia così unitaria come ci aspetteremmo, di parlare di alcuni di questi punti che frazionano l’Islam.
La prima cosa con cui ci si trova ad avere a che fare quando si inizia ad approfondire la cultura islamica sono le madhahib, le scuole giuridiche. Occorre, prima di parlarne, fare una precisazione. L’Islam non è nato per essere una religione minoritaria, ma una religione di stato; non deve sorprendere dunque che abbia un così stretto legame con il diritto, così come il fatto che il Corano abbia molti precetti più vicini a delle leggi che a delle questioni religiose. A differenza del diritto canonico, comunque un prodotto umano, la shari’a è fondata sulla parola di Dio e dunque l’unico problema è saperla interpretare, insieme alle altre fonti del diritto (Sunna, consenso e analogia). Proprio con questo scopo nascono le scuole giuridiche sunnite.
La più diffusa nel mondo musulmano, ma minoritaria in quello arabo, è la scuola Hanafita. Fra tutte è la scuola meno rigorosa e, per quanto ritenga importante il rispetto della forma, ammette vie per ammorbidire le proibizioni del Corano. Per quanto riguarda origini e fonti rimando ad una trattazione sommaria qui.
La scuola Malikita è più rigorosa; dà molta importanza al consenso e alla tradizione (quindi alla Sunna e ai suoi racconti sul Profeta) mentre invece non ammette il principio di analogia; il che significa che ritiene strettamente vincolanti solo i divieti esplicitamente espressi dal Corano o che la tradizione rimanda a Maometto. Fra tutte è quella con cui maggiormente ci troviamo a che fare perché è massimamente diffusa in Nord-Africa.
La scuola Shafi’ita ammette tutte e quattro le radici (cioè fonti) del diritto: Corano, Sunna, consenso e analogia. Al momento è soprattutto diffusa in Africa e Indonesia.
La scuola Hanbalita è la più rigida. Ammette come la precedente tutte e quattro le radici del diritto, ma pretende una molto più forte osservanza dei precetti; è in seno ad essa che è nato e si è diffuso il wahhabismo, di cui parlerò in un prossimo articolo.
Le quattro scuole di per sé coesistono pacificamente, senza che ci sia un vero conflitto fra le comunità che loro appartengono, ma questo non vuol dire che non facciano nascere delle fratture. Se vi trovate fra un gruppo di senegalesi di scuola shafi’ita noterete subito che essi guardano con superiorità i maghrebini malikiti per la loro liberalità nei confronti di (alcune) droghe e di birra a basso grado di alcol (che, non ammettendo l’analogia, non vengono ritenute alla stregua delle bevande inebrianti che il Corano proibisce insieme al vino).
Se il quadro non fosse già abbastanza complicato, bisogna aggiungere che al credente che appartiene ad una qualsiasi di queste aree è di per sé permesso seguire in ambiti specifici a sua scelta la regolamentazione di un’altra scuola. Questo ovviamente crea ulteriore confusione e conflitto all’interno delle comunità che si rifanno ad un madhab.
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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.