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Costruire sulla sabbia

Il desiderio di indipendenza catalano con tutto quello che ha comportato non è un fenomeno isolato; sappiamo tutti della Scozia, sappiamo tutti del Veneto e da poco mi è giunta notizia di una raccolta firme per un’autonomia o indipendenza del Piemonte. Tra tutte queste cose e i movimenti antieuropeisti bisogna ammettere che siamo in un momento di tendenza alla disgregazione piuttosto che all’aggregazione. Eppure fino a poco fa’ sembrava che fosse quest’ultima a trionfare. Cos’è accaduto? Quali forze si sono mosse per cambiare tutto questo?

Innanzi tutto dobbiamo capire che cos’era che spingeva all’unità. Credo che essa fosse motivata da un’idea che Voltaire esprimeva così nelle Lettere Filosofiche:

Entrate nella borsa di Londra, luogo più rispettabile di molte corti; vi vedete riuniti i deputati di tutte le nazioni per l’utilità degli uomini. Qui il giudeo, il maomettano e il cristiano discutono insieme come se fossero della stessa religione, e non danno dell’infedele se non a chi fa bancarotta; qui il presbiteriano confida nell’anabattista, e l’anglicano accoglie la promessa del quacchero. Uscendo da queste riunioni pacifiche e libere, gli uni vanno alla sinagoga, gli altri a bere; questo va a farsi battezzare in un grande bacino nel nome del Padre, dal Figlio allo Spirito Santo; l’altro fa tagliare il prepuzio del figlio e fa borbottare sul bimbo parole ebraiche che non intende affatto; questi altri vanno nella loro chiesa ad attendervi l’ispirazione divina con il cappello in testa e sono contenti tutti.

Se ben notate, nella maggior parte dei casi, che si tratti di uno stato o dell’Unione Europea le ragioni che vengono portate come collante sono per lo più economiche. La Brexit fu scoraggiata per ragioni di finanza e mercato; l’indipendenza scozzese mosse perfino la regina a intimare di non prendere decisioni di cui ci si dovesse pentire e, dato che una guerra tra Scozia e Inghilterra risulta decisamente improbabile, con questo si intendeva qualcosa che riguardava di certo l’economia. In effetti tutto questo ha molto senso: l’Unione Europea non si è mai occupata d’altro e viviamo nell’epoca della finanza.

Ora però, il fatto è che anche dall’altra parte le ragioni erano economiche: la Scozia ha una leva forte sul mercato internazionale costituita dall’avere il più grande giacimento petrolifero europeo; il Regno Unito ha una borsa estremamente florida e un mercato garantito dal Commonwealth e d’altra parte non si è mai voluto sottomettere all’euro per la forza della sua valuta. Se ci trasferiamo alle questioni attuali e immediate, la Catalogna è molto ricca e lo stesso si può dire di Veneto e Lombardia che stanno trainando l’Italia. La Sicilia, che ha anch’essa delle spinte indipendentiste, avrebbe bisogno di politiche che favoriscano l’agricoltura locale bloccando le multinazionali straniere che ne stanno divorando i terreni e l’importazione di generi alimentari che produce, una valorizzazione del turismo locale e della sua archeologia piuttosto che riversare denaro nelle mani delle sue istituzioni senza sapere dove va a finire.

Se vi trovate a discutere con qualcuno che appartiene ad uno dei due schieramenti (indipendentista e unionista), a parte qualche supercazzola sull’Erasmus e i benefici dell’apertura delle frontiere (cose che si possono negoziare benissimo paese per paese come succede con molti stati non UE) finirete col sentire le stesse ragioni, solo mutate di bandiera. Ciò che aveva dimenticato Voltaire è che già alla sua epoca molte volte quello che il giudeo, il cristiano e il maomettano chiamavano fare affari consisteva nel truffare qualcuno, se non proprio nel derubarlo. E il fatto è che molte volte già alla sua epoca si annoiavano di derubare mille operai di una moneta ciascuno quando era molto più comodo derubare il loro capo di mille in una volta. Ciò che dimenticava è che si può trarre profitto sia dalla concordia che dalla discordia; che se due uomini d’affari iniziano a pestarsi al terzo loro socio potrebbe convenire riappacificarli, ma potrebbe anche convenire vendere loro delle armi e relative munizioni. C’è poco da fare: l’economia è liquida e irrequieta e fondare su di essa uno stato o un’unione è una cosa molto pericolosa. A seconda della convenienza e del profitto (perché sono queste le leggi a cui si adegua) essa continuerà ad unire e frantumare a suo capriccio. La stabilità può fare per lei, e si naviga certamente con più facilità un mare piatto, ma di certo non ama la solidità; si può investire su qualcosa di stabile solo se si spera che continui a crescere e con un certo ritmo, non di certo se si mantiene fermo, anche se è granitico.

Non è così però per la gente. Potete dir loro che sono degli ignoranti e degli idioti, che vogliono la stagnazione, ma i cittadini vogliono un terreno solido su cui costruire, su cui far fiorire le loro relazioni e le loro famiglie. Loro hanno case da costruire ed abitare e non possono vederle crollare con la promessa che ricresceranno alla prossima ondata.

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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