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Where all the unicorns have gone?

I sognatori del paradiso terrestre mi spaventano; non solo per il microscopico cerchio  in cui si racchiudono con ansia ermetica; non solo per la loro capacità di illudersi che in un ambiente ristretto tutto sia buono e giusto; non solo per la loro capacità di pendere dalle labbra del guru di turno; ma soprattutto per la loro necessità ineluttabile di doversi stupire sempre e comunque di fronte a tutto quello che ritengono bello. Mi pare che la religione dello stupore continuo sia molto più dura e aspra perfino di quella dell’allegria perpetua. Esistono, e conosco, persone molto felici a questo mondo; per loro però lo stupore è qualcosa di straordinario, anche se può capitargli di stupirsi ogni ora, perché per loro lo stupore non è una fortezza entro cui rinchiudersi, né il modo giusto di guardare le cose, né una capacità soprannaturale. Vedono, conoscono, amano, quindi si meravigliano. Non hanno alcuna necessità di buttare fuori il loro stupore, di mostrarlo, e non hanno neanche il bisogno di ammirarlo, perché per loro è un fatto naturale. La cosa più incredibile per me è che non si fanno per nulla impressionare dalle cose create solo per suscitare meraviglia; il loro stupore è sano e permette loro di conoscere e capire, liberandoli completamente dai loro sentimenti ingannevoli.

La religione dello stupore invece ci fa trascinare dalle ultime emozioni, spingendoci verso un baratro di sentimentalismo. Poi, una volta usciti dal nostro ambiente protetto, che sia l’amore, l’amicizia o una comunità, tutto è oscuro, terribile e sanguinario. Possiamo dipingere l’interno della nostra casa di rosa, affrescarci gli unicorni e gli arcobaleni più belli, ma fuori è pieno di assassini e dimenticarlo non è per nulla un bene. Una volta spezzata l’illusione restiamo inermi e paralizzati dal terrore.

Il mondo è un luogo terribile. Migliaia di atrocità vengono commesse ogni giorno e ogni istante; anche noi, persino nel trattare i nostro cari, siamo feroci e animaleschi. Eppure resta qualcosa di grande e buono, fuori e dentro di noi, che ci permette di vivere e di resistere a tutto il male, di cadere e ricominciare a camminare, fosse anche trascinandosi; c’è qualcuno che ci viene a riprendere quando siamo a terra, qualcuno che ha uno sguardo umano su un uomo, buono o cattivo che sia, e questo secondo me è maggiormente degno di stupore di ogni altra cosa sulla terra.

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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