Nelle università italiane si muove una razza numerosa e strana che il mondo conosce sotto il nome di letterati. Uomini comuni nel corpo, portano dentro di sé più anime, o più nature o una sola natura con più sostanze, mettetela come vi pare. In ogni caso il loro spirito è lacerato. Alcuni di loro entrano in Università desiderando imparare a scrivere e ne escono come massimi esperti di un autore che nessuno ha mai considerato né mai sentito nominare, nemmeno il professore con cui hanno fatto la tesi; altri invece entrano direttamente per fare i letterati, mestiere che consiste con l’essere massimamente eruditi su un opera, un autore, un genere, senza averlo mai letto.
I letterati, in effetti, e gli universitari in generale, per quanto dovrebbero appartenere alla parte più acculturata della popolazione, leggono pochissima narrativa, ancora meno poesia, figuriamoci gli stili misti. Mi si dirà: è il tipico caso del medico fumatore; eppure io ritengo la questione decisamente più preoccupante. I medici si dedicano un vizio che non contraddice né la passione per il denaro, né il desiderio di salvare vite umane, che, come è noto, sono le loro principali spinte ideali. I letterati hanno normalmente una passione per la letteratura che si restringe ad un autore ed alle volte ad un’opera o ad una sezione sola di un’opera riguardo a cui hanno letto tutto. Alle volte ho il timore che la loro scelta delle lettere sia una scelta di comodo più che di reale interesse; ho il timore che si dedichino più qualcosa che gli piace fare che a qualcosa che gli piace, che preferiscano una cosa che costa loro meno fatica e per cui sono portati ad altre per cui provano una vera attrazione. Esiste però un’ipotesi ancora più inquietante, ovvero che sia lo studio delle lettere stesso ad allontanare dalle lettere, che la teoria allontani dalla pratica e dalla poesia, che lo studio allontani dal testo non per ritornarvi con maggiore consapevolezza, ma per perdersi semplicemente in riflessioni contenutistiche, biografiche, culturali, sociologiche e filosofiche, così come avviene nei manuali che, a dirla tutta, da letterati sono stati scritti.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.