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Stupro e favole

Sono stufo di venire accusato di essere un potenziale stupratore solo perché sono un uomo. Sono stufo di sentir dire che bisognerebbe educare gli uomini a non stuprare piuttosto che le donne a difendersi dallo stupro. Sono un uomo e non ho mai stuprato nessuno, né maschio né femmina, e al momento non ho intenzione di farlo in un prossimo futuro, il tutto senza aver avuto un’educazione particolare a riguardo. Che un certo modo di pensare e trattare la donna fosse sbagliato l’ho scoperto alle medie, semplicemente osservando le reazioni delle mie compagne agli sguardi e a qualche smanacciata che i loro coetanei in preda all’ormone lanciavano. L’ho riscoperto ad un tentativo di palpeggiamento che ho subito da parte di un uomo in treno un paio di anni fa’ (già, non sono solo le donne a subire molestie). Non mi è servita nessuna particolare formazione, mi è bastata la coscienza che si inalberava di fronte a queste cose.
D’altra parte, tale educazione in cosa dovrebbe consistere? Nel ripetere mille volte che lo stupro è un crimine orribile? Non lo fanno già i media all’infinito e cosa ottengono se non infinite polemiche?
In ogni caso accusare una categoria (gli uomini che stuprano o le donne che incitano allo stupro) è ridicolo e non può che generare dibattiti aridi e stupidi. Il grave problema di queste discussioni è che gli uomini vengono accusati di essere tutti stupratori, mentre le donne subiscono di rimando la ancora più ridicola accusa di provocare. Il dibattito sullo stupro però non è una battaglia fra maschi e femmine; stiamo parlando di un crimine e dunque l’opposizione è in primo luogo fra Stato e colpevole; stiamo parlando non di un errore, ma di un reato e di un delitto e dunque non possiamo saltare a piè pari la responsabilità personale. Fare diversamente non solo accusa degli innocenti, ma libera i rei della loro colpa. Se sono gli uomini che stuprano, non bisogna accusare solo X e Y, anche se sono X e Y ad aver commesso un delitto.
Certo, ci sono molte cose nella nostra cultura (e in altre) che possono spingere alla violenza sessuale (oggettificazione della persona, cultura del tutto e subito, edonismo, ritenere i propri appetiti come giusti a prescindere, egoismo etc) ma nessuna di queste può sostituire la libertà personale di un uomo. Io e te, mio caro lettore, non siamo stupratori, ladri, assassini e usurai, non siamo criminali, perché lo abbiamo scelto, giorno per giorno, ora per ora. Abbiamo scelto se sorbire o meno le culture che ci sono state poste davanti con il nostro impegno di fronte a noi stessi e alla verità. Se vogliamo un uomo buono, che per corollario non stupri, non possiamo prescindere dal fatto che sia un uomo libero e che dunque possa, contro ogni educazione e formazione morale che gli impartiamo, stuprare. Dobbiamo inchinarci di fronte alla realtà: una via culturale che cancelli lo stupro non esiste, che si scelga di castigare i costumi o di educare le menti. L’uomo che ha scelto di essere malvagio non smetterà di compiere azioni cattive solo perché gli ripetiamo che non sono buone; lo sa già bene e ha scelto di fregarsene o forse le ha scelte proprio per questa ragione. Un ladro non cambierà vita perché qualcuno gli dice che il furto è sbagliato; quelli che per bravata provarono a rubarmi la catenina me la restituirono perché mi posi davanti a loro a muso duro, non di certo perché spiegai loro che quello che avevano fatto non era buono. Uno stupratore sa benissimo che il no di una donna è un no, altrimenti non ricorrerebbe alla violenza; semplicemente decide che il no che gli è stato opposto non vale quanto le sue voglie ed è questo e non l’incapacità di comprendere quello che la vittima voleva dire a renderlo un malvagio.
Certo, esistono culture che possono favorire maggiormente la criminalità, ma l’ultima parola su di esse è sempre dell’uomo; chi sceglie di commettere un crimine per conformismo, appartenere ad un gruppo, superficialità o qualsiasi altra ragione non rende di certo più innocente l’atto, anzi, nella maggior parte dei casi ne fa un’azione più meschina.
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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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