Trovo molto divertente il fatto che gli scettici arrivino a dubitare dei sensi, dell’intelletto, di tutto quello che è stato raccontato loro, ma non dubitino mai del nome della loro madre o del loro. Sarebbe ridicolo se fosse diversamente. Immaginare che Matteo Rossi, abbracciato lo scetticismo, non rispondesse più al suo nome e al suo cognome perché dubbioso che fossero realmente i suoi, sarebbe al massimo un sogno sciocco o una situazione assurda di una commedia di basso livello. Eppure il principio di fondo è lo stesso per cui un uomo che è stato ingannato da un’illusione ottica dovrebbe smettere di credere ai suoi occhi, o uno che è stato ingannato da una tradizione dovrebbe dubitare di tutte sempre e comunque. Ha senso iniziare a dubitare della forza di gravità perché in una qualche zona una forza magnetica o di altro tipo tende a far levitare gli oggetti? Ovviamente no, il tutto per la semplice ragione che la spiegazione che ci siamo dell’accelerazione di gravità funziona. Il fisico quantico potrà dubitarne, ma solo una volta che abbia avuto un’ipotesi seria e migliore di quella attuale. Fino a quel momento non dubiterà né della gravità, né del suo nome. Il dubbio ha bisogno di basi ben più solide della certezza, perché la certezza si basa su delle evidenze, che certo possono essere ingannevoli o false, ma per lo più hanno molto poco bisogno di essere dimostrate. Per dubitare del fatto che fosse il sole a ruotare attorno alla Terra occorsero calcoli matematici avanzati e una notevole osservazione delle stelle. Tuttavia il moderno scettico, che è per lo più in sofista da baraccone o da teatro dei burattini, non avrà difficoltà a bollare come fantasioso e mitizzato un certo evento storico solo perché non ne ha le prove concrete, che è come negare che è figlio di sua madre finché non è stato effettuato un approfondito test del DNA. La cosa sarebbe sensata solo se ci fossero delle prove, o almeno degli indizi forti dell’esser figlio di un’altra donna. Ma lo scettico pretende le prove di tutto, anche di quello che non deve essere provato, tranne le prove del suo dubbio. Il dubbio metodico lo conduce in un luogo più angusto di quello in cui lo avrebbe portato la certezza metodica; la mente dello scettico alza barriere in ogni dove perché non dubita mai di sé stessa e delle sue qualità. Deride i culti dei santi, degli dei e degli eroi, ma non dimentica mai di accendere un cero alla sua genialità e originalità, un po’ come fanno tutti. Deride le tradizioni, ma non si è mai chiesto su cosa si fonda il credere a sé stesso; e così di tutti i fattori che possono portare all’errore, sceglie quello più pericoloso.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.