Rifletto fra me che gli ufologi hanno delle loro ragioni quando interpretano passi della Bibbia come testimonianze di contatti con gli alieni. Che cosa ci impedisce di immaginare un carro di fuoco come un’astronave? Che cosa ci impone di non considerare un’ascensione come l’essere risucchiati su di un’astronave da una sconosciuta tecnologia? Una tradizione interpretativa può essere piena di errori e imprecisioni e così potrebbe essere quella cristiana che vede in molti fatti straordinari dei miracoli; come dimostrare il contrario? La maggior parte di questi eventi corrispondono davvero perfettamente a quelle che potremmo considerare tecnologia aliena. Forse anche troppo perfettamente, certamente troppo perfettamente. Se mi si concede la metafora filologica[1], mancano degli errori disgiuntivi fra le due interpretazioni degli eventi, mancano dei tratti che separino nettamente le due tradizioni, la più antica e la più recente. Il fatto è lo stesso, il concetto identico, l’interpretazione soltanto varia; può essere questo considerato un errore disgiuntivo? O è una semplice variante? I fatti non sono messi in dubbio, solo reinterpretati, alla luce del nostro mondo immaginario, che è però condizionato dalla storia più antica. Noi immaginiamo meraviglie a partire sia dalla realtà, sia dalla nostra cultura e la nostra cultura è imbevuta di miracoli. Possiamo non crederci in base alla moderna percezione scientifica della realtà, ma possiamo anche semplicemente reinterpretarli in base alla nostra moderna percezione (pseudo)scientifica del mondo. Gli sciocchi antichi potranno credere che Elia fu rapito su di un carro di fuoco, o che il sole si sia fermato o tornato indietro per decreto divino; noi sappiamo che degli esseri superiori tecnologicamente a noi hanno fatto questo. I racconti antichi sono certamente prodotti dall’immaginazione umana che vedeva la mano di Dio o delle divinità in ogni cosa; quelli moderni… hanno semplicemente cambiato l’oggetto della loro immaginazione. Perché la chiamo immaginazione? Perché se Prometeo era immaginato come un uomo con degli attributi in più, come immaginiamo noi questi esseri superiori? I nomi che diamo loro non sono forse nomi che rispondo ad una tradizione umana da cui è tratta la nostra fantasia? Questa troppo esatta corrispondenza è il segno di una copiatura, non di una radice comune, una rivisitazione in base alle nostre categorie di fantastico, ovvero di fantasy scientifico, non di fantascienza vera e propria (per comprendere la differenza osserviamo quanta distanza c’è fra Prometheus e Interstellar).
Semplicemente abbiamo calato il soprannaturale in un ambiente che ci è più familiare, che corrisponde maggiormente a quanto siamo soliti vedere e percepire. Dopo le rivoluzioni tecnologiche moderne e l’interesse per lo spazio, non possiamo più fare a meno di parlare di questo,di considerarlo come una dimensione fondamentale della nostra vita; se per Dante il Paradiso Terrestre era nella parte sconosciuta della Terra, per noi il luogo del divino è diventato ugualmente nell’ignoto e inaccessibile spazio, il contatto con il quale ci è garantito dalla tecnologia, quindi la tecnologia diventa automaticamente il nuovo soprannaturale. Questa scelta, apparentemente più razionalistica, in realtà si dimostra subito assai poco legata alla ragione stessa. Se è vero che tenta di spiegare ogni cosa, manca totalmente di metodo e si riferisce a qualcosa di fuori dalla nostra esperienza, senza però ammettere che la nostra intelligenza e capacità di capire hanno un limite, anzi, positivisticamente riteniamo di essere ad un passo dal capire tutto e che l’unico limite sia il tempo e la nostra ignoranza. Sarebbe più sensato rifiutare tutto o tentare di smascherarlo, che ridurlo in questo modo alle nostre categorie.
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[1] In filologia, quando si ricostruisce la storia di un testo, si immagina la serie delle copie come un albero che si ramifica dagli antigrafi alle copie. Gli errori disgiuntivi ci permettono di comprendere che due manoscritti appartengono a copiature diverse, quelli congiuntivi li legano. Le varianti, ovvero le differenze che non sono errori, sono invece prodotte dalla mano dei copisti secondo la loro volontà o sbadatezza, il che rende complicato ricostruire l’archetipo, il manoscritto radice dell’albero.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.