Mina sul davanzale è uno dei migliori libri per ragazzi che io abbia mai letto. Lo stile, privo di fronzoli e diretto, resta piacevole e in grado di comunicare quello che vuole, la storia è appassionante, i personaggi ben descritti e interessanti, e questo già basterebbe per renderlo degno di diverse riletture. Tuttavia il romanzo ha qualcosa di più.
In primo luogo evita di diventare troppo catechetico; quello che deve dire non insegna tramite un discorso diretto, non lo impone come una verità statuita con cui confrontarsi, ma lo fa vivere. Piano piano il lettore, trovandosi a fare in modo mediato la stessa esperienza della protagonista, vive un cambiamento piccolo ma reale. Questo soprattutto grazie al fatto che l’autrice rifugge quello in cui cadono molti suoi colleghi, ovvero l’intimismo. Anzi, per molti aspetti il romanzo è un passaggio da un intimismo profondo e isolato ad un’apertura all’esterno, all’altro, alla realtà. Lo sguardo della protagonista sul mondo che la circonda cambia, cambiando anche quello del lettore; e questa forse è una delle caratteristiche che distinguono un buon libro da uno cattivo.
In secondo luogo l’autrice non si limita a descrivere una realtà idealizzata e edenica in cui irrompe un conflitto. Il mondo che lei descrive è tutt’altro che semplice e privo di problemi: ci sono ragazze madri, furti, tentativi di suicidio, famiglie spezzate, povertà, malattie, disabilità; tutte quelle cose che normalmente si dimenticano del mondo degli adolescenti, rinchiudendolo in un ortus conclusus che, se va bene, è disponibile solo a pochissimi eletti di buona famiglia. L’avversario che la protagonista deve affrontare non è la noia, per una volta, ma una realtà che sembra esserle in ogni modo ostile e che piano piano la scolpisce rendendola più perfetta. Questo realismo rende la speranza che il romanzo custodisce in sé molto più vera; è comprovato che resiste davanti al male, senza mai cedere di un passo, senza doversi inventare scuse. Perché un romanzo mediocre, prodotto da un autore mediocre, potrebbe arrendersi di fronte alla mediocrità e rifugiarsi dentro sé stesso o in un mondo ideale dove il massimo problema da affrontare è portare fuori il cane o un amore non corrisposto. Un buon libro, prodotto da un buon autore, però sa collocare al giusto posto ogni cosa e non si spaurisce di fronte agli ostacoli.
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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.