Mi mancano le chiacchiere da bar; non solo a me, in realtà a tutta l’Italia e in particolare alla politica italiana. Senza i bar non c’è speranza di avere una democrazia; è vero che sono popolati da ignoranti e non istruiti nell’arte del governo, ma è gente che sa il proprio mestiere è che non può nascondersi dietro uno schermo e una serie di articoli copincollati dopo una rapida ricerca su google. Mi mancano le grida, le polemiche casuali, i discorsi seminconcludenti del saputo di turno che si lancia in una filippica contro l’ultimo dei politici e mi manca terribilmente il rischio di prendere una sberla dal mio avversario nella discussione. Mi manca un luogo dove ognuno è un po’ di più quello che è perché in vino veritas, e un po’ di meno il gruppo cui dovrebbe appartenere, dove bisogna argomentare, per quanto beceramente, la propria opinione, invece di appoggiarsi ad una massa di persone sempre pronte a intervenire in ogni discussione, anche si si tratta di gente a migliaia e migliaia di chilometri di distanza. Mi manca un luogo in cui le minoranze sanno di esserlo e sono costrette a parlare in un modo civile o mostrarsi subito violenze. Insomma, mi mancano i bar dove si discute, ci si insulta, ci si ammazza di botte, ma almeno si è liberi e responsabili per quanto concerne le proprie opinioni
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.