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La neolingua non ci deve spaventare

Bisogna ammettere che quando Orwell scrisse 1984 diede molto da riflettere ai suoi contemporanei e ne dà tuttora anche a noi. Ci sono però dei punti del libro che non ho mai ritenuto credibili e che poi, con studio e analisi personale, mi risultano decisamente impossibili. Uno di questi è la neolingua; non tanto perché non si stia creando una neolingua per condizionare il nostro pensiero, o per lo meno che non la si stia usando, dato che è abbastanza ovvio che il politically correct sia stato preso a cuore da alcuni partiti particolari che ne fanno la loro forza, ma perché si tratta di un’arma di un’impressionante debolezza.

Il fatto è che comunque le si chiami, le cose restano quello che sono, anzi, l’eufemismo e la menzogna non fanno che divorare sé stessi. Possono funzionare nel mondo orwelliano, perché là non c’è speranza e l’umorismo non esiste; però nel nostro mondo, che, ricordo, è quello reale, la risata, l’ironia, il sarcasmo, la presa di giro esistono ed anzi, occupano le nostre giornate e le nostre menti molto di più di quanto lo possa fare qualsiasi altra cosa. E questa sì che è un’arma potente contro tutto ciò che è falso: che cosa è meno credibile di ciò che è ridicolo?

Dunque, ogni volta che vi imbattete in un qualche infortunio lessicale, non strillate alla neolingua, ma castigate ridendo mores, castigate con il ridere i costumi.

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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