“Ordinarie follie” di Edoardo Dantonia

Ho parlato, la volta scorsa, di uno strano tipo di esseri malvagi che vengono chiamati dai più “nonne”, e ho descritto il loro modus operandi attraverso la rocambolesca avventura del povero Biagio. Ecco, Biagio infine non ce l’ha fatta. Ma Biagio è caduto non per il motivo che si potrebbe pensare, e cioè per l’esplosione del suo stomaco dopo essere stato costretto a divorare tutto quel che la “nonna” gli aveva propinato. Egli ha terminato i suoi giorni terreni dopo aver avuto a che fare con un altro essere mostruoso, e altrettanto rugoso peraltro, che gli scienziati hanno deciso di denominare “vecchia zia”. La “vecchia zia”, a differenza della “nonna”, non agisce attraverso il cibo, quindi fisicamente, ma bensì spiritualmente, psicologicamente insomma. Questa cariatide, che spesso si presenta in forma bassa e tozza, tende a sopravvivere al maschio, caratteristica che ha in comune con la “nonna”. I più ritengono che, al pari delle mantidi religiose, esse si nutrano del maschio per sopravvivere, con la differenza che queste ultime lo fanno lentamente, nel corso di anni e anni, forse per assicurarsi una fonte costante di cibo.
Come dicevo, la “vecchia zia” agisce sul piano psicologico, causando nella vittima vomito, convulsioni e conseguente morte per asfissia. Come? Biagio lo ha scoperto a sue spese. Era un giorno come tanti, se non fosse per una telefonata ricevuta la mattina che lo avvertiva dell’imminente compleanno della “vecchia zia”. Biagio non aveva mai dovuto rimanere più di tanto in presenza della creatura, ma aveva sentito delle storie orribili su di lei, racconti da fare accapponare la pelle. Quindi, per tentare una sorta di captatio benevolentiae, andò a comprarle una scatola di cioccolatini (le Note di Giuseppe Verdi, nella fattispecie). Non poteva immaginare che quei dolci sarebbero stati l’inizio della sua fine.
Giunto dalla “vecchia zia”, arroccata al secondo piano di una dimora tanto modesta quanto insidiosa, si presentò a lei con aria innocente e benevola: “Ciao, zia! Tanti auguri!”.
“Oh grazie caro”, fece lei di rimando, abbozzando un sorriso.
Biagio drizzò le antenne, chiedendosi il perché di quel contegno.
“Come stai?”, le chiese poi.
“Eh, gli anni pesano. Non si vede, ma ci sono”
“Eh, che ci vuoi fare…”
L’essere lo condusse in cucina, una stanzetta piccola, ma comunque enorme per lei sola, essendo il “vecchio zio” mancato al mondo dieci anni or sono. Biagio si aspettava che gli venisse offerto un caffè, magari con qualcuno di quei meravigliosi dolci, ma la scatola rimase intatta sul tavolo. Mentre la “vecchia zia” chiacchierava, assiepata su una seggiola di vimini, nella mente del giovane iniziarono a turbinare numerosi pensieri. In particolare non riusciva a capacitarsi della reazione della creatura, così fredda nei confronti di quel regalo da suscitare preoccupazione e paura: “Non ha gradito? Non le piacciono i dolci, forse? Magari le sto antipatico!”. Il viso della “vecchia zia” assumeva pian piano i connotati mostruosi dei racconti che aveva udito, mentre le più recondite paure attanagliavano il cuore di Biagio. Il suo corpo iniziò a muoversi da solo, preso da scosse e tremiti. La creatura parlava e parlava, senza curarsi del dolore del giovane che aveva di fronte. O forse era proprio quel che voleva.
“Sorridi! Dimmi grazie!”, pensò Biagio disperato e scosso sempre più da quelle che stavano divenendo vere e proprie convulsioni, “Ringraziami! Ringraziami!!”, urlò nella testa il poveretto. Fu tutto inutile: dopo alcuni istanti il cuore di Biagio cedette, ed egli spirò. L’obiettivo della “vecchia zia” era stato raggiunto.
Il destino di Biagio è affine a quello di molti altri giovani come lui, i quali non vengono preparati a questo tipo di prove. Quello a cui volge il loro cuore è un diverso tipo di creature, dette “bimbi del terzo mondo”, i quali si profondono in sorrisi e ringraziamenti alla vista di una semplice ciotola di riso. “La mia ricompensa sono i loro sorrisi”, è la litania che gira e rigira nella mente dei moderni. Ma quando ci si imbatte in qualche “vecchia zia”, quando cioè non ci sono sorrisi né ringraziamenti, ecco che la ricompensa viene meno. Il cuore cede, quando al posto di un “bimbo del terzo mondo”, ci troviamo dinnanzi a una “vecchia zia” affamata.