“Ordinarie follie” di Edoardo Dantonia

La cosa più folle che si possa fare, quando si comincia a giocare a “Dungeons&Dragons”, è mettere al centro del tavolo vino in quantità, perché c’è la concreta possibilità che si finisca, dopo appena mezz’ora di gioco, lungo un fiume, di notte, a petto nudo e con dei bastoni in mano a intonare la colonna sonora del “Signore degli Anelli” jacksoniano. Dopo questa scampagnata notturna, non so come, siamo finiti a discutere, e a discutere animatamente. Tanto che io riuscii a poggiare la testa sul cuscino soltanto alle quattro e mezza del mattino. Abbiamo discusso di così tante cose che ora come ora mi riesce difficile ricordare da dove siamo partiti, per dove siamo passati e dove siamo arrivati. Ma la cosa che ricordo come fosse ora è l’animo ardente che ci abbiamo messo. Sono convinto che se in quell’istante un alieno fosse apparso a qualche metro da noi, avrebbe pensato di essersi imbattuto in una strana e selvaggia specie primitiva, tutta presa da qualche rituale o da qualche spartizione territoriale a suon di grida e gesti inconsulti. Ricordo mani agitate come bandiere al vento e piroette da capogiro. Ricordo toni di voce da ricovero coatto e minacce esplicite. Qualunque uomo per bene considererebbe tutto questo una volgare esibizione di ormoni impazziti e istinti primordiali. Ma per fortuna io non sono un uomo per bene, così posso lodare senza ritegno questa manifestazione di brutalità nel dibattere; posso così lodare un tale abbassamento nel trattare argomenti decisamente elevati. Perché, paradossalmente, per riuscire a discutere di cose assolutamente umane è necessario usare metodi assolutamente inumani.
Ma più di ogni altra cosa, è mia ferma credenza che non esista incontro senza scontro. Ogni incontro, per essere onesto, deve risolversi in una scazzottata, fisica o intellettuale che sia. Non voglio dire che non sia possibile avere a che fare con le altre persone in maniera pacata, ma solo quando un uomo snuda le proprie armi si mostra per quel che è veramente; solo quando si incrocia la spada con qualcuno si capisce cosa conta sul serio per lui, per cosa è disposto a cadere. Per dare una parvenza di autorità al mio discorso, cito un personaggio della trilogia “The Matrix”, Seraph, quando dice: “Non conosci bene una persona finché non ci combatti”. Tutti i salotti televisivi, con le loro finte litigate e coi loro altrettanto finti applausi, non valgono una sola violenta e sincera discussione fatta con un amico. Lo stesso amico che prima minaccia di venire alle mani e poi ti offre da bere, come si trattasse di un’indennità di guerra.