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Gargolle alla deriva

“Ordinarie follie” di Edoardo Dantonia Tante volte sono costretto a citare o parafrasare il buon vecchio G.K.Chesterton, il mio migliore amico. Egli è un amico non in carne ed ossa, bensì in carta e penna, ma non per questo meno vicino o meno importante. Il motivo che giustifica un tale abuso dei suoi scritti, comunque, […]

“Ordinarie follie” di Edoardo Dantonia

 

Tante volte sono costretto a citare o parafrasare il buon vecchio G.K.Chesterton, il mio migliore amico. Egli è un amico non in carne ed ossa, bensì in carta e penna, ma non per questo meno vicino o meno importante. Il motivo che giustifica un tale abuso dei suoi scritti, comunque, è la sua immensa grazia nell’esprimersi, una grazia che io non potrò mai eguagliare. Ecco perché anche in questo caso devo affidarmi a lui, per parlare di alcuni recenti fatti che mi hanno rattristato e fatto riflettere al tempo stesso. Chesterton diceva che ogni deriva, ogni storpiatura proviene comunque dalla fonte principale; vale a dire che praticamente ogni cosa, per quanto brutta, per quanto sbagliata, è molto spesso la deriva di qualcosa di bello, di qualcosa di buono. Il Natale cosiddetto “consumistico” non è altro che la deriva del Natale cristiano, per cui sarà pur vero che dello spirito originario ben poco è rimasto, ma è altrettanto vero che possiamo ancora trovare famiglie riunite attorno a una tavola imbandita, alberi addobbati e circondati da regali da scartare, bambini che non vedono l’ora di ricevere i loro doni. Se vedessimo famiglie disunite, case spoglie da ogni decorazione e una totale assenza di doni, faremmo bene a disperarci. Ma così non è. Babbo Natale, tanto per fare un altro chiaro esempio, è pur sempre una caricatura di San Nicola, nonostante Coca-Cola e compagnia danzante si ostinino a deformarlo. “Non tutto è perduto”, come si suol dire. Questa filosofia è semplicemente la filosofia del lato positivo, la quale consiste nel vedere sempre il buono in ogni cosa, per quanto a fondo si debba scavare. È la filosofia che ci fa sorridere di fronte a un crocifisso rovesciato perché simbolo del martirio di San Pietro, nonostante quei buontemponi dei satanisti lo ostentino orgogliosi. È la filosofia che, alla vista di una ragazza più svestita che vestita che entra in chiesa, invece di farmi indignare per il suo abbigliamento, mi fa gioire per il fatto che sia nella Casa del Signore e non in una discoteca a farsi palpare da qualche giovanotto. Questa, però, non è la mia filosofia personale, e nemmeno è la filosofia personale di Chesterton, sebbene egli batta molto su questo chiodo, ma è bensì la filosofia della Chiesa, la filosofia cioè che dovrebbe seguire ogni cristiano. Eppure sempre più seguaci del Verbo fanno gli schizzinosi, s’indignano più che stupirsi, rifiutano ogni cosa che non rechi una croce sopra, come in un laicismo al contrario. È il caso, se ancora non fosse chiaro il tema di questo scritto, della proiezione di animali su San Pietro, evento che ha suscitato un’ondata di lamenti e recriminazioni tra molti cattolici. Lì per lì, lo ammetto, anche io ero perplesso. Ma applicando quella peculiare capacità che è esclusiva dell’uomo vivo, e cioè riflettendo, mi sono reso conto che se un evento del genere ha meravigliato così tanta gente, credente o non credente che sia, tanto male non dev’essere. Se così tanti occhi sono rimasti incollati alla bellezza del Creato, per quanto le intenzioni dietro all’evento possano essere lontani dalla lode verso la Creazione, tanto brutto non dev’essere. Aggiungo poi che è compito nostro, semmai, riportare l’attenzione sulla fonte di questa meraviglia, cioè su Chi ha reso possibile non solo che esistessero scimmie e leoni, ma anche che noi potessimo meravigliarcene. I cristiani che, invece di prendere a braccetto l’ateo meravigliato, sono rimasti soli a borbottare contro il cattivo gusto dello spettacolo, o contro la sporcizia di chi lo ha sponsorizzato, sono i nuovi farisei. Essi sono in niente dissimili da quegli uomini per bene che s’indignavano quando Cristo mangiava con pubblicani e peccatori. Sono come quelli che, di fronte alla indubbiamente sciocca moda di ostentare le proprie letture, invece di riportare l’attenzione sul reale valore dei libri, getterebbero tutto quanto nell’immondizia, moda e lettura insieme. Sponsor indegni? Sicuramente. Cattivo gusto? Forse (anche se le cattedrali medievali sono popolate da gargolle e capitelli d’ogni tipo, alcuni persino rappresentanti demoni, ma non per questo considerati parte di templi satanici). Il punto è che l’imitazione di Cristo non può essere oggetto di sconti, perciò come Egli fa della Salvazione il fulcro del suo Amore, così noi dobbiamo applicarci nel salvare più che nel condannare, di qualunque bruttura si tratti. Nell’imitare Nostro Signore, cioè, dobbiamo rendere concreto quel famoso detto popolare, secondo cui bisogna “salvare il salvabile”.

 

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Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.

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