Digitale? No

Scena di ieri al Salone del Libro:

Io e un amico vagoliamo tra gli stand e ad un certo punto lui si ferma davanti ad uno, attirato dal titolo di un libro.
Una loquace commessa, o quel che è, si approssima e attacca un bottone potente nel tentativo di adescare la carta dei nostri portafogli. Tralaltro si lancia in un “Guardate bene la grafica perché è adattata al contenuto del libro” che mi lascia un pochino perplesso; i libri sono tutti in copertina di carta ruvida bianca, dello stesso formato e titoli scritti con gli stessi font. Quello che cambia è essenzialmente l’immagine sulla copertina, e, probabilmente per il fatto che non sono esperto di editoria, il fatto che essa sia collegata al contenuto del libro non suscita in me una sorpresa corrispondente al grado di innovazione che questa scelta comporta.
Ad un certo punto il mio amico la interrompe chiedendo:
“Ma fate anche edizioni digitali?”.
Uno strano brivido risale dalla punta dei piedi della donna fino al suo naso, irrigidendo ogni muscolo e trasformandone il sorriso di repertorio in un sorriso falso e accondiscendente che nasconde un certo giudizio riguardante il fatto che siamo due cretini.
“No” risponde laconicamente, senza enfasi ma con fermezza, come le avessimo proposto di iniziare il blue whale challenge.
Il mio amico (che è un editor digitale di professione) insiste:
“Non siete interessati a questo formato?”.
“No”.
Prima che il gelo ci incolli i piedi al terreno, ce ne andiamo.

Morale della favola:
1) Alcuni editori sono convinti che produrre una buona grafica sia mettere dei disegni sulla copertina che si collegano al contenuto del libro;
2) Alcuni editori, dato che hanno appena scoperto l’acqua calda nel punto 1, guardano al digitale come pura stregoneria figlia del demonio, stammi lontana che te copo;
3) Evidentemente non è leggere libri che apre la mente.

 

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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