Alle volte occorre parlare delle cose che non ci piacciono o, cosa ancora più triste, di quelle che ci deludono. È una cosa fastidiosa, ma può essere utile per altri e può permettere che un’impressione superficiale, espressa più per una sensazione che per una ragione chiara, sia corretta e reindirizzata.
La delusione di cui sto parlando sono le ultime due serie di Guillermo del Toro, la terza stagione di Trollhunters e 3Below. Trollhunters era partito benissimo: buon ritmo, personaggi ben delineati, cattivi credibili, crescita interessante… Un racconto che non faceva la morale ma che era una morale e dunque permetteva di viverla. Anche se durante la seconda stagione aveva avuto qualche piccola caduta, era riuscito sempre a rialzarsi con onore e intelligenza.
La terza stagione, oltre a perdere ritmo e a diventare tremendamente affrettata, è come se ignorasse la crescita del personaggio fino a quel momento. Jim Lake Junior ha scelto di andare da solo nelle Terre Oscure nella seconda stagione, combinando un pasticcio devastante e finendo con il permettere la liberazione del nemico più terribile. Escludere i suoi amici dai suoi progetti per proteggerli li ha solo messi maggiormente a rischio; questo sembrava un punto assodato, invece di combattere da soli è meglio armare le persone che ci sono care. Un esercito è mille volte meglio del miglior soldato, soprattutto se è affiatato e addestrato, anche se si tratta di un esercito di cinque uomini soltanto. La terza stagione sembra seguire questa linea: Jim e compagni arrivano addirittura a svelare ai loro genitori la loro vita da cacciatori di troll con i suoi rischi e le sue responsabilità. E poi inspiegabilmente tutto cambia. Il ritrovamento di Merlino dovrebbe fornire un nuovo alleato potente, nuovi insegnamenti, un nuovo approfondimento di cosa sia una battaglia. In fondo chi guarda è questo che vuole: qualcosa che gli permetta di essere simile all’eroe, anche se nella vita di tutti i giorni. La lezione delle primissime puntate sulla paura come precursore del coraggio, la custodisco ancora nel cuore e mi è stata utile nella mia quotidianità. Merlino invece risulta essere solo un Deus Ex Machina e neanche dei migliori. Non è in grado di sconfiggere Morgana e Gunmar, al massimo può fornire un filtro che potrà permettere a Jim di farlo. Tutto questo però ad un prezzo. Cambiare per sempre: diventare una via di mezzo tra un troll e un umano. Perché? Non ci viene spiegato. Sembra una sorta di sacrificio, ma in realtà non è Jim a essere sacrificato; sono tutti quelli che lo amano, come si capirà più avanti. Jim decide di nuovo di andare da solo; peggio ancora: decide di rinunciare alla sua natura per raggiungere il suo scopo, e di imporre a tutti coloro che ha intorno la sua nuova natura, il suo nuovo corpo mutato.
La serie ci aveva ripetuto all’infinito che la natura speciale di Jim come cacciatore di troll era nel suo essere umano con tutto ciò che questo comportava; che la sua pietà, i suoi affetti, la sua umanità avevano un valore morale in grado di incidere profondamente nel combattimento; l’arroganza dei troll davanti a lui finiva con l’essere la loro rovina, e la sua capacità di ricorrere a espedienti imprevisti lo rendeva estremamente più forte, così come la sua capacità di creare legami, di non rimanere solo. Era il profilo di un eroe non convenzionale, comune, quotidiano, pieno di limiti e difetti che però lo rendevano non solo più simile a noi, ma anche più vivo, reale e utile. Ercole può essere un esempio nel suo sopportare la sofferenza e il destino avverso, ma resta pur sempre Ercole; se uno di noi, senza avere nulla di speciale, facesse lo stesso, non sarebbe ben più degno di ammirazione?
La seconda grave caduta è la separazione finale del gruppo. È una caduta narrativa oltre che contenutistica perché viene dopo una stagione che, fino agli ultimi colpi di scena, aveva spinto in una direzione totalmente opposta. Risulta forzata e non aiuta in nulla il fatto che sia tremendamente mal motivata. Forse perchè in realtà la sua motivazione, come quella della mutazione,modificato non ha le sue ragioni nella storia ma in idee e fattori esterni, legati più alla vita reale e alle idee del regista che ad altro.
L’idea che non esista una natura umana solida, che il mutare e il cambiare il proprio corpo sia necessario per raggiungere i propri scopi, l’idea dell’aiutino chimico o tecnologico è una delle tristi realtà di questi tempi frenetici in cui la performance è tutto. Vale di più vincere che rimanere sé stessi, avere tutto il mondo della propria anima e identità. L’idea di dover andare da soli nel momento in cui incombono le proprie responsabilità individuali è, non diversamente una malattia della nostra epoca. Un tempo un uomo lasciava la sua casa quando metteva su famiglia, oggi pare che si possa fare una famiglia di uno e che si debba fare al più presto. Il mondo ci invita ad inseguire i nostri sogni senza farsi problemi del prezzo che dovremo pagare. Chi insegue un sogno, chi insegue all’esasperazione ciò che lui solo ha nel cuore, non ha altra possibilità che rimanere solo. L’appartamento per l’università, quello per il primo lavoro non sono che le prove della solitudine che verrà dopo, una solitudine che uno si dovrà portare dietro anche quando e se vivrà in una comunità o una famiglia, perché tutto è già stato subordinato ad uno scopo e ad un tentativo di realizzarsi in quello che ci pare di desiderare. La menzogna dell’inseguire i propri sogni è quella che uccide molti: un uomo prima di tutto deve seguire la sua identità, ciò che è, non limitandosi ad una superficiale valutazione di ciò che gli piace.
A Guillermo del Toro quest’idea è innegabilmente passata per la testa quando ha scritto Trollhunters e poi è volata via nell’ultima stagione e lo stesso nel proseguio delle storie di Arcadia. Perché 3Below sì porta dietro molti dei difetti della terza stagione di Trollhunters. Ha un forte impatto emotivo e resta molto più ritmato, ma la storia di fondo è moscia e poco memorabile. Per una qualche ragione tutte le buone idee restano buoni propositi, ma non diventano vita; le cose che restano di più, e in negativo, sono le tiratine aristocratiche alla politica sull’immigrazione e sui pregiudizi che però lasciano un po’ il tempo che trovano. I temi non sono approfonditi, le avventure non aiutano a crescere i personaggi che d’altra parte sono delineati in modo molto approssimativo. L’azione domina il campo, ma non ha nulla da insegnare. I momenti topici, i colpi di scena, gli istanti di più forte impatto emotivo restano sospesi, le occasioni sono sprecate. Dagli occhi di due alieni che sbucano sulla Terra ci si aspetterebbe un giudizio sulle nostre usanze, tema abusato fin dalle Lettere Persiane, ma estremamente interessante in ogni caso. Non c’è. La creazione di un modello idealizzato a partire dal loro mondo più civilizzato manca. La caratterizzazione della differenza fra loro e il loro nemico è assente. 3Below si mantiene interessante grazie al ritmo narrativo e basta, ma la storia resta banale e se vuole dire qualcosa lo deve fare in modo esplicito, mettendolo in bocca ad un personaggio, non di rado con estrema superficialità, il tutto nonostante le prime due puntate siano invitanti. Insomma, una grossa delusione dopo un buon inizio.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.