Io vedo il suicidio come un atto di grande coraggio, sempre. Il suicidio non è mai una resa. Se il suicidio è qualcosa, esso è un moto, mai una immobilità. Immobilità è sedersi e attendere passivamente che il tempo passi e le disgrazie pure. Ma c’è un però. Il martire avrà sempre una marcia in più rispetto al suicida, per quanto ammirevole sia il gesto del nostro Celio. Il martire infatti accetta di subire qualcosa di tremendo, di doloroso, di straziante e, peggio ancora, di umiliante. Accetta, non subisce, né decide di farla finita per conto suo, via difficile ma non la più difficile. Il suicidio è una via onorevole, ma non la più onorevole. Il samurai che compie il seppuku è un grande uomo, ma Santo Stefano è un uomo ancora più grande perché si fa piccolo di fronte alla volontà divina che lo ha voluto lì in quel momento e in quel luogo.
Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.