Capita a volte che, affacciato al balcone, teso a contemplare il mio stesso desiderio nella luce di una finestra lontana, ritorni a rammemorare, ri-cordare, innalzare davanti al cuore i prodigi, le meraviglie e perciò i doni impagabili, personali che sono stati consegnati alla mia storia passata e presente.
Le parole che in prendono dimora, che vengono fissate nei miei scritti o che prendono vita e consistenza al suono della mia parola sgorgano e sovrabbondano dal mio cuore.
Esse però non mi appartengono. Sorgono perché donate e devono perciò tornare alla fonte da cui sono scaturite per continuare ad avere vita e a suscitare vita.
I caratteri che le mie dita battono, le parole che la mia bocca pronuncia non appartengono a me.
Spero di far dono gradito consegnando alcune povere, povere parole.
Spero possano essere poste a servizio.
Spero che possano raggiungere il cuore,
sostare presso di esso
e non tornare
senza portar frutto.
Pregando e recitando quasi ad alta voce le lodi della mattina e le ore della sera andavo segnando nel tempo quelli che attiravano maggiormente l’occhio della mia anima e, cosa mai accaduta in vita mia, essi si sono perfettamente accordati l’uno di seguito all’altro, l’uno in dialogo con l’altro.
Così concatenati formavano quasi una cosa sola.
«Mi ricordo di Dio e gemo, *
medito e viene meno il mio spirito.
Tu trattieni dal sonno i miei occhi, *
sono turbato e senza parole.
Ripenso ai giorni passati, *
ricordo gli anni lontani.
Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: *
ifletto e il mio spirito si va interrogando». (Salmo 77)
«Perché ti rattristi, anima mia, * perché su di me gemi? Spera in Dio […] lui, salvezza del mio volto […]». (Salmo 42)
«Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati» (2Cor 4, 8) «poiché il Signore rialza chi è caduto, già ti corre incontro al vederti tornare, ti darà un bacio, pegno di pietà e di amore. Tu ancora tremi […] ma egli ti restituisce il tuo splendore» (S. Ambrogio).
Legati in questo modo hanno portato la mia memoria a considerare nuovamente, sotto un cielo nuovo e terra nuova l’attesa e la domanda che ogni uomo ha nel cuore e che questa poesia di Chesterton riesce a esprimere solo in parte:
Madonna Mia
About Her whom I have not yet met
Riguardo a Colei che non ho ancora incontrato
I wonder what she is doing
Mi domando che cosa lei stia facendo
Now, at this sunset hour,
Adesso, a ques’ora del tramonto
Working perhaps, or playing, worrying or laughing,
Sta forse lavorando, o giocando, è in pensiero o sta ridendo,
Is she making tea, or singing a song, or writing,
Sta preparando del thé, o cantando una canzone, o scrivendo,
or praying, or reading?
Sta pregando, o leggendo?
Is she thoughtful, as I am thoughtful?
È lei pensierosa come io sono pensieroso?
Is she looking now out of the window
È lei ora affacciata alla finestra
As I am looking out of the window?
Come io sono affacciato alla finestra?
Non è infatti solo l’attesa di una promessa non ancora svelata che apparirà davanti ai miei occhi. Non è solo l’attesa di un volto ignoto. Non è soltanto l’attesa di un volto per cui non appartenere più a sé stesso, un volto a cui poter appartenere morendo così a sé stesso, «morendo prima di morire» e per il quale poter dire – reinterpretando gioiosamente Pavese – «verrà la morte e avrà i tuoi occhi».
Like the dawn you broke the dark and my whole earth shook […]
Come l’alba hai fatto breccia nell’oscurità e hai scosso completamente le mie fondamenta […]
Like the dawn you woke the world inside of me […].
Come l’alba hai svegliato il mondo dentro di me […].
And you will surely be the death of me,
E tu sarai sicuramente la mia morte,
But how could I have known?
Ma come avrei potuto saperlo?
(The Oh Hello’s – Like the Dawn)
È una attesa, una speranza sofferta, un fiume sotterraneo generato alla fonte di acqua viva, alimentato da lacrime e sangue
And the sun, it does not cause us, sun it does not cause us to grow.
E il sole, esso non ci fa, il sole non ci fa crescere.
It is the rain that will strengthen, the rain that will strengthen your soul
È la pioggia che rafforzerà, la pioggia rafforzerà la tua anima
And it will make you whole.
E ti renderà intero.
(The Oh Hello’s – I Have Made Mistakes)
che attende di poter correre libero verso il mare a cui già appartiene
The river is within us,
Il fiume è dentro di noi
The sea is all about us.
Il mare è tutto intorno a noi.
(T. S. Eliot – Four Quartets)
dove una vita nuova, un regno nuovo è già in attesa
And from the rain
E dalla pioggia
Comes a river runnin’
Viene un fiume che straripa
Wild that will create
E che costruirà
An empire for you
Un impero per te
Illuminate!
Illuminati!
There’s a river runnin’
C’è un fiume che dilaga
Wild that will create
E che costruirà
An empire for you
Un impero per te
(Of Monsters and Men – Empire)
Desiderio, silenzio, tempo e attesa dell’altro.
Ma è molto più che non semplicemente questo, non è vero?
Ci sarà forse, c’è forse già qualcuno che ancora non conosco
o non conosco ancora,
un volto delicato e dolce
che possa raccogliere i pezzetti piccoli piccoli
del mio cuore libero, gioioso, folle, spezzato,
del mio cuore diviso e così gratuitamente donato?
Fissare lei il guardo mio
e recando nel suo,
scossa nel cuore,
una luce vermiglia,
e compiere, far avvenire
queste parole
nel linguaggio oltre ogni dire:
Io sono qui, io ti vedo, io ti conosco, mostrami il tuo cuore, porgilo a me, è già mio; prendi il mio cuore, già ti appartiene poiché io ti amo?
Pieno di questa corrispondenza del cuore, Chesterton scrisse alla sua futura moglie:
Davanti all’uomo che ti scrive stanno quattro lumi votivi di ringraziamento.
Il primo è di essere stato creato della stessa terra di una donna come te.
Il secondo è che egli, con tutti i suoi difetti, non se ne è andato dietro a donne strane. Non puoi sapere quanto l’autocontrollo di un uomo ne sia ricompensato.
Il terzo è che egli ha cercato di amare ogni cosa vivente: una pallida preparazione ad amare te.
E il quarto è – ma le parole non possono esprimerla. Qui termina la mia esistenza di prima.
Prendila: mi portava a te.
Ricco della medesima speranza presente Shakespeare compose questo sonetto che ad ogni lettura è capace di scuotere il cuore:
Sonetto 29
Quando in disgrazia con la fortuna e gli uomini,
tutto solo piango il mio triste stato
e importuno il sordo cielo con futili lamenti,
valuto me stesso e maledico la mia sorte,
Invidiando chi è più ricco di speranza e
immaginandomi bello come lui, favorito dagli amici,
desiderando dell’uno l’arte, dell’altro il potere,
minimamente contento di quanto io posseggo;
Quasi disprezzandomi in questi miei pensieri,
mi capita talvolta di pensare a te,
e allora, come allodola che si libra allo spuntare del giorno dalla grigia terra,
canto inni di gioia alle porte del cielo.
Il ricordo del tuo dolce amore
tale dovizia arreca
che disprezzo di cambiare il mio stato con un re.
Francesco Tosi: 1986 Rimini, avevo così voglia di vivere che sono nato prima di nascere (al quinto mese), poi ho continuato a nascere e rinascere nel corso della mia vita, in spirito, acqua e sangue.
Filosofo per forma mentis e formazione, letterato e Teo-filo per passione, editore digitale per professione, fanno di me un cultore del verbo e servitore della parola (altrui).
Autore di tesi di laurea su un cardinale della Chiesa Cattolica, ex gesuita, von Balthasar, e su un letterato anglicano, Lewis che hanno in comune una visione teo-drammatica dell’esistenza, sto ultimamente dilettandomi nella loro revisione e pubblicazione.