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Perché ci ostiniamo a far tradurre arriano al Liceo?

L’anno più importante del liceo Classico, almeno per quanto riguarda il Greco, è innegabilmente il secondo, in cui si fissa praticamente tutta la morfologia e si inizia a mettere le basi della sintassi; non si tratta di un anno difficile, ma estremamente impegnativo per una semplice questione di quantità di nozioni da fagocitare. Difficile, anzi difficilissimo, è invece il terzo e per una ragione che nulla ha a che fare con lo studio.

Il terzo anno, infatti, per una qualche tradizione il cui significato si è ampiamente perso nel tempo, si traduce Arriano. Sia chiaro, le ragioni per cui viene scelto questo autore in questo momento sono quasi autoevidenti: la sua sintassi è relativamente semplice, si serve del giusto numero di particolarità, non ha concetti particolarmente complessi; in una parola sarebbe difficile trovare qualcosa di altrettanto perfetto, soprattutto nel piccolo gregge di storici che sono ritenuti davvero adatti per fare esercizio.

Qual è allora il problema? Il problema è che Arriano, per quanto apparentemente facile, è sostanzialmente impossibile da tradurre. Il grammatico puro può scorrere in tutta tranquillità le intere Anabasi di Alessandro e tracciare lo schema sintattico di ogni frase alla perfezione, individuare tutte le regole a cui appellarsi per comprenderle, avere lo schema della morfologia e tutti i dizionari a disposizione aperti accanto; non sarà sufficiente. Arriano è il Tacito dei greci, solo più tardo, più oscuro, più ellittico.

Il dizionario in particolare, per chi deve tradurlo, diventa un nemico più che un alleato e conduce in direzione completamente opposta a quella corretta, spesso spingendo anche a cambiare la grammatica. Lo storico, poveretto, non ha colpa se non quella di esser nato in Asia Minore con quattrocento anni di ritardo rispetto agli altri autori che studiamo noialtri, e di non essere tra i più brillanti atticisti. Questo però non lo esime dalle critiche alla struttura narrativa disorganica e contorta, ai frequenti non sequitur nella gestione dei tempi verbali, agli ipercorrettismi e tutto il resto.

Ora, tutti questi difetti non sarebbero troppo un problema se allo studente fosse chiesto di produrre un testo con un senso, traducendo come più gli aggrada. Chiunque metta a confronto il testo originale delle Anabasi di Alessandro con una qualsiasi sua traduzione, non potrà fare a meno di notare l’enorme sforzo creativo del traduttore per creare qualcosa di simile ad un testo leggibile. Allo studente però la creatività è proibita: il suo lavoro è di tradurre in versionese, mica in italiano e tradurre Arriano in versionese è impossibile.

La parte più triste di tutta la questione però è che con questo autore lo studente tende a disimparare. Nel tentativo assurdo di dare un senso a quello che si trova fra le mani, senso che è l’unico criterio a disposizione per capire se ha capito, lo studente disimpara la differenza tra congiunzioni coordinanti e subordinanti, modi finiti e indefiniti, alle volte persino la morfologia stessa. Ancora di più il suo vocabolario ne resta deformato, irrimediabilmente se l’esposizione è troppo prolungata.

Detto in altre parole, quelli che potevano essere gli aspetti positivi dati dal tradurre Arriano vengono spazzati via da delle conseguenze che sono l’esatto opposto di quelle che si vorrebbero. Ma non sia mai che si traduca altro che uno storico…

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Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.

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