Abbiamo già fatto una rapida recensione del libro, più che altro per suggerirne la lettura, ed ora, finalmente, ci troviamo a poter intervistare l’autrice, Giulia Bovassi, classe 1991, vulcanica studentessa di Bioetica, già laureata in Filosofia.
Prima domanda, di rito: come è nato questo libro?
Mi viene in mente una situazione in cui un numero indefinito, molto alto, di uomini camminano rapidi, schivandosi reciprocamente, impossibilitati al riposo, agitati nel rincorrere la frenesia di un binario che è una possibilità, una parentesi, predisposta all’attesa affinché loro possano per poco tempo giungere a quel momentaneo “punto di arrivo”. Lo stesso movimento è un preciso atteggiamento antropologico.
Voglio dire che il qui ed ora è una prelibata illusione di certezza e di sensatezza, ma solo a condizione che per darsi effettivamente, alle spalle si lasci tutto ciò che nella mente del viaggiatore può tradursi come ostacolo o rallentamento, anche una sosta per respirare potrebbe esserlo. La velocità è metafora della laboriosa non-definizione data. Solidità è fermarsi. Ripristinare la necessità di ammettere delle tappe ultime e di concedere a se stessi, prima di tutto alla propria natura, di avere delle determinazioni. Più concretamente faccio riferimento a concetti come natura, corporeità, libertà, responsibilità, bene, male, lecito o illecito, ecc.. Quelle datità che contribuiscono a definirci in un vissuto e una biografia, dei quali spesso non sappiamo cosa dire e lasciamo vuoti di contenuto. Il motivo per cui i vincoli (solidità) generano obblighi e non doveri è semplicemente la capacità corrosiva che hanno nei confronti di un’alienazione di sé come sostanza, per un sé sostituibile. La solidità è il nome, in estrema sintesi!
Come faccio presente nel testo, Postumano e Transumano sono prima di tutto delle visioni precise dell’uomo: le due correnti sono mosse da sconfinata fiducia nella tecnica e nel progresso scientifico (quindi nell’uomo in termini di mente intelligente), a tal punto da rivedere nella tecnica il punto di svolta per la costruzione di una nuova umanità segnata da uomini che hanno smesso di sentirsi finiti. La loro nascita parte esattamente dal presupposto che l’uomo non sia l’ultimo tassello evolutivo, ma uno step sul quale l’umanità si è soffermata e che può invece oltrepassare. Come? Prima di tutto eliminando la possibilità della sofferenza, sconfiggendo la vecchiaia, scartando l’errore e annientando gli aspetti più specificatamente umani – talvolta difficili da gestire – per togliere gli uomini dal peso dell’imperfezione. Coloro che vi operano parlano di potenziamento (human enhancement), uomini con capacità visive magari notturne, o con memorie infallibili, ad esempio; parlano di immortalità virtuale, mediante un trasferimento della mente in un database esterno; l’ectogenesi (gestazione senza madre, in uteri artificiali); nanotecnologie e manipolazione genetica; della robotica e dell’intelligenza artificiale nella speranza che in un futuro non troppo lontano la distinzione fra umani e non-umani possa essere solo questione di punti di vista opinabili e non certi. Una rivoluzionaria dimensione alienante la corporeità e l’identità, poiché uomo è anche non-più-uomo.
Postumano e Transumano sono un impegno intellettuale, filosofico e scientifico, al miglioramento. Non a caso più e più volte se ne parla insieme all’idea di eternità.
Samuele Baracani: nato nel 1991, biellese, ma non abbastanza, pendolare cronico, cresciuto nelle peggiori scuole che mi hanno avviato alla letteratura e, di lì, allo scrivere, che è uno dei miei modi preferiti per perdere tempo e farlo perdere a chi mi legge. Mi diletto nella prosa e nella poesia sull'esempio degli autori che più amo, da Tasso a David Foster Wallace. Su ispirazione chauceriana ho raccolto un paio di raccontini di bassa lega in un libro che ho intitolato Novelle Pendolari e, non contento, ho deciso di ripetere lo scempio con Fuga dai Faggi Silenziosi.