Chi non ha visto il film Papillon, con Steve McQueen e Dustin Hoffman? Quella che forse non tutti conoscono, è la storia di due “farfalle” veramente esistite. Entrambi francesi, entrambi matti col botto, i due maestri della fuga vissero tra il XIX ed il XX secolo.
Il primo è Clément Duval, anarchico e rivoluzionario, nato nel 1850 e morto nel 1935. Clément è di un’umile famiglia parigina e ha una saluta cagionevole. Ferito in guerra e congedato definitivamente nel 1873, passa diversi mesi in ospedale. La sua famiglia, a cui si è riunito dopo molte traversie, è ridotta sul lastrico; così il nostro decide di cominciare a rubare. Acciuffato e condannato ad un anno di carcere, ne esce solo per scoprire che moglie e figlio sono tornati a vivere dai suoceri, e che di lui non vogliono più saperne.
Clément tenta di rifarsi una vita e trova lavoro alle officine Choubersky, dove si producono stufe portatili; ma in lui comincia a germogliare il seme dell’anarchia. Intorno al 1881 si unisce a La Panthère des Batignolles (“La Pantera di Batignolles”), gruppo anarchico che ha lo scopo di espropriare i capitalisti. Dopo la grande manifestazione del 1883, Duval affigge manifesti sulle porte di diverse fabbriche, preconizzando fuoco e fiamme, e concludendo quasi sempre con il famoso adagio: “Da ciascuno secondo le sue forze, a ciascuno secondo i suoi bisogni; Viva la rivoluzione sociale!”. Se il motto anarchico può suonare astratto, la minaccia è più concreta che mai: in breve Clément dà fuoco a diversi edifici, tra officine, magazzini e fabbriche.
Quando la polizia bussa alla sua porta, il Duval non si fa trovare impreparato. Un brigadiere urla: “In nome della legge, ti arresto!”, al che lui risponde: “In nome della legge, ti sopprimo!”, prima di accoltellarlo quasi a morte. Viene comunque arrestato e processato, ma durante la seduta infiamma il pubblico minacciando di far saltare tutti in aria. Deve intervenire l’esercito, che arresta diverse persone tra il pubblico e riporta l’ordine dopo un’inaspettata battaglia. Duval è infine condannato a morte per diversi capi d’accusa, tra cui incendio doloso, furto, percosse eccetera. La pena capitale viene successivamente commutata in esilio a vita, e Duval mandato a scontarlo nella Guyana. È da qui che il nostro organizza diverse rocambolesche fughe, delle quali l’ultima, nel 1901, è quella definitiva. Fuggito a New York, Clément Duval si gode l’agognata libertà fino alla morte nel 1935, all’età di 85 anni.

Ma la vera farfalla, quella che ispirò poi il famoso film del ‘73, fu Henri Charrière.
Henri, classe 1906, nasce e cresce a Saint-Étienne-de-Lugdarès, un paesino nel sud della Francia. Nel 1917, quando è ancora un bambino, sua madre si ammala e muore, e lui viene adottato. Nel 1925 si arruola nella marina militare e si tatua una farfalla sul torace, guadagnandosi già in quel periodo il soprannome di “Papillon”. Nel 1930 avviene il fattaccio: un magnaccia di nome Roland Legrand viene accoltellato a morte, e sul punto di spirare rivela il nome del suo omicida: Papillon Roger. Pochi giorni dopo, proprio Henri Papillon Charrière viene arrestato e condannato per il delitto, finendo anche lui in Guyana, nel bagno penale (colonia penale a cui erano generalmente destinati i condannati ai lavori forzati) della Caienna. Henri si proclama innocente, ma non fa alcun ricorso, confidando invece nelle sue abilità per evadere al momento giusto.
Come racconta Charrière stesso nel suo libro autobiografico del ‘69 dal titolo Papillon, in quattordici anni ha tentato la fuga ben nove volte, ognuna da un luogo diverso: dall’Isola di San Giuseppe all’Isola Reale fino all’Isola del Diavolo, da cui evade definitivamente nel ‘45 per stabilirsi in Venezuela, che all’epoca non aveva accordi di estradizione con la Francia. Henri vive da uomo libero per il resto della sua vita, ricevendo peraltro la grazia dal presidente francese nel 1970. A questo punto si trasferisce in Spagna, dove finisce i suoi giorni tre anni dopo, all’età di 66 anni.

Nel tempo sono stati sollevati molti dubbi sulla veridicità del suo racconto da diversi scrittori e giornalisti, che fanno notare come alcuni fatti siano semplicemente falsi o, al massimo, attribuibili ad altri personaggi che hanno subito un destino simile (come l’anarchico Alexandre Marius Jacob). Dal canto suo, Charrière non ha mai fatto un passo indietro, rispondendo anzi con un altro libro, Banco, nel quale racconta tutta la sua vita, prima e dopo le sue avventure carcerarie.
Proprio nel 1973 uscì il film Papillon, di Franklin Schaffner e con Steve McQueen e Dustin Hoffman. Fu un successo equiparabile solo a quello del libro da cui è tratto, che negli anni Settanta raggiunse la mirabolante cifra di 10 milioni di copie vendute; una storia divisa in 13 quaderni che Charrière stesso ha definito una “strada della putredine”. Purtroppo il vero Papillon non ebbe modo di vedere la pellicola, essendo morto appena poche settimane prima che terminasse il montaggio. Teatrale al punto giusto, non si può dimenticare la scena finale del film, quando McQueen alias Charrière, abbarbicato ad un sacco di noci di cocco e in balia dell’oceano, grida: “Maledetti bastardi, sono ancora vivo!”.
Edoardo Dantonia: classe 1992, sono il più giovane e il più indegno di questo terzetto di spostati che si fa chiamare Schegge Riunite. Raccontavo storie ancor prima di saper scrivere, quando cioè imbastivo veri e propri spettacoli con i miei pupazzi, o quando disegnavo strisce simili a fumetti su innumerevoli fogli di carta. Amante della letteratura, in particolare quella fantastica e fantascientifica, il mio sogno è anche la mia più grande paura: fare della scrittura, cioè la mia passione, il mio mestiere.